BOLOGNA – La zootecnia emiliano-romagnola ai tempi del Coronavirus. A poco più di un anno dall’esplosione della pandemia il punto sulla situazione su un comparto che in Emilia Romagna rappresenta una delle voci economiche più importanti.
L’incontro organizzato da Araer (Associazione regionale allevatori dell’Emilia Romagna) ha fornito dati e numeri sull’andamento del comparto della zootecnia durante il 2020 necessari per elaborare una prospettiva per l’anno in corso.
Secondo le anticipazioni Istat la flessione del comparto agricolo a livello nazionale nel 2020 ha incassato un -3,3% nel valore alla produzione, con un -6,1% sul valore aggiunto. Riguardo invece il settore zootecnico e i suoi prodotti trasformati, sempre a livello nazionale, il dato elaborato sulla base dei dati Istat disponibili parla di circa un -6%.
Restringendo il perimetro all’Emilia Romagna, che in termini di Pil complessivo ha registrato -8,9% rispetto al -9,2% nazionale, l’elaborazione dei dati attualmente disponibili ha permesso di calcolare la Plv (produzione lorda vendibile) zootecnica del 2020 fissandola a circa 1.990 milioni di euro con una contrazione di circa lo 0,60% sul 2019.
Veniamo ora alle varie filiere produttive iniziando da quella lattiero-casearia che ha risentito significativamente degli effetti della pandemia, prima con il lockdown di marzo 2020 e poi con la conseguente chiusura del canale Horeca. Al 31 dicembre si contavano 3.401 allevamenti, diminuiti del 2,47% sul 2019, e una consistenza pari a 487.586 capi, con un aumento dello 0,6% rispetto all’anno prima. Circa il 92% del latte prodotto è destinato al Parmigiano Reggiano, il 6% al Grana Padano e il rimanente 2% ad altri produzioni casearie minori e a una minima quota di latte alimentare. Se i quantitativi prodotti hanno registrato sul 2019 un incremento del 5,20%, i prezzi invece hanno dovuto incassare un -4,55%. Questo però non ha impedito di vedere il segno più sulla Plv regionale, stimata a 1.077,27 milioni di euro, con un +0,41% rispetto al 2019.
Più complicata la situazione nel comparto della carne bovina, anche se a consuntivo possiamo affermare che la filiera ha reagito bene alla pandemia con effetti meno pesanti di quelli che inizialmente erano stati paventati.
Nel 2020 le consistenze di bovini da carne in Emilia Romagna parlano di 2.341 allevamenti, in diminuzione dell’1,22% sul 2019; i capi allevati sono 84.546, con una riduzione dell’1,21%. Anche la produzione di questa tipologia di prodotto ha dovuto incassare una flessione, calcolata nell’ordine del -1,25%. Male i prezzi, a -3,01% rispetto al 2019 e la Plv regionale, stimata a 165,85 milioni di euro (-4,22% sul 2019). Preoccupa fortemente la situazione della razza Romagnola, che anche nel 2020 ha visto ridursi ulteriormente il numero di allevamenti, oggi a quota 264 (-5,71 sul 2019 e addirittura -42% sul 2010) e i capi allevati, fermi a 9.012 unità (-3,44% rispetto al 2019 e -30% rispetto al 2010).
Sul fronte del settore suinicolo, oltre che con le conseguenze della pandemia, il comparto ha dovuto fare i conti con l’emergenza legata alla Peste suina africana esplosa nel settembre dello scorso anno in Germania con diversi focolai. Un’emergenza che fortunatamente non ha toccato gli allevamenti italiani, anche se le conseguenze del blocco delle importazioni di carne suina tedesca da parte di Cina, Giappone e Correa del Sud si è fatto sentire su tutti i Paesi europei grandi produttori di carne suina. Nel 2020 gli allevamenti in attività sono stati 1.149 con una riduzione del 3,70% rispetto al 2019 e una consistenza di soggetti allevati pari a 1.118.948, in crescita del 2,61 sul 2019.
Riguardo la produzione va registrato un incremento del 2,59%, mentre i prezzi, soprattutto a causa della chiusura del canale Horeca, ha dovuto incassare un -12%. Male anche la Plv, stimata a 307,22 milioni di euro: -9,70 rispetto al 2019.
Infine uno sguardo agli allevamenti ovicaprini che hanno dovuto registrare una flessione e una consistenza di strutture pari a 1.608 con una riduzione dell’1,65% rispetto al 2019; analogamente cede terreno anche il numero di capi allevati, fermi a 62.822 soggetti, con una riduzione del 3,79% rispetto al 2019.
È andata decisamente meglio al comparto avicunicolo e delle uova, quest’ultimo da anni in grado di soddisfare il fabbisogno nazionale e nel 2020 addirittura in crescita in termini produttivi con un +14,35% rispetto al 2019. Bene anche i prezzi: +0,85% e la Plv stimata, che ha toccato 259,60 milioni di euro: +14,32 rispetto al 2019.