ROMA – Sono giorni decisivi per capire le sorti della revisione dei mezzi agricoli. Ad oggi i trattori e le macchine operatrici immatricolati prima del 1984 dovrebbero andare a revisione entro il 30 giugno di quest’anno, ma la pandemia ha congelato tutto.
I corsi dell’Inail per avere sul territorio officine in grado di svolgere la revisione si sono fermati per riorganizzarsi online. Di conseguenza le officine autorizzate sono pochissime. Impossibile, invece, fermare agricoltori e contoterzisti a stagione agricola avviata. Non c’è riuscito covid19, figuriamoci la revisione.
Ministero dei trasporti e Inail stanno lavorando a due ipotesi differenti. Il primo punta ad apportare delle modifiche al decreto interministeriale del 20 maggio 2015 relativo alla revisione periodica delle macchine agricole e operatrici, spostando la sua entrata in vigore al 1/1/’23. Contestualmente vorrebbe rivedere il calendario delle scadenze. Se così fosse, la revisione partirebbe nel ‘25 o nel ‘26. Invece, l’Inail propone di modificare solo il calendario (l’allegato 1 del decreto del 2015), posticipando al massimo al 2023 le prime revisioni, senza mettere in discussione l’entrata in vigore del decreto interministeriale.
“La revisione rischia di scomparire dai radar della politica, superata dalle proposte, anche nel Def, di finanziamenti per la modernizzazione del parco macchine agricole o di rottamazione del vecchio”, il commento del presidente dell’Unione Contoterzisti Aproniano Tassinari.
“Brindiamo al rilancio della meccanizzazione agricola e a una domanda trainata dagli sgravi fiscali della 4.0. Ma, secondo una stima di Unacma, l’Unione dei commercianti di macchine agricole, a queste condizioni occorreranno 65 anni per mandare in soffitta il milione e 700mila trattori italiani con più di 30 anni e mettere in sicurezza il parco macchine Italia. La situazione è resa ancora più incerta dalla carenza di materie prime, rilevata solo pochi giorni da FederUnacoma, la Federazione dei Costruttori, che allunga i tempi di produzione dei trattori e quindi di consegna del nuovo.
Visto lo scenario, è preferibile una strategia che parta dalla considerazione che ogni macchina è destinata, prima o poi, a invecchiare e che gli incessanti sviluppi dell’agricoltura digitale, uniti agli obiettivi di sostenibilità green sempre più ambiziosi, accelerano anche in agricoltura l’obsolescenza tecnologica.
Per questi motivi Uncai propone di capovolgere il paradigma delle revisioni, con un calendario che parta non dai numerosissimi mezzi immatricolati prima del 1984, ma dai veicoli nuovi. Partire dai trattori più vetusti significherebbe avere a che fare con 500 mila revisioni all’anno nei primi quattro anni, una galassia di officine autorizzate e una programmazione complicata.
Meglio sarebbe, quindi, partire dal numero più ragionevole dei nuovi trattori (7-8mila all’anno) che dovrebbero sottoporsi a revisione entro il quinto anno dalla prima immatricolazione, e smaltire il vecchio con molta più pazienza, valutando insieme alle associazioni agricole strategie e metodologie per non penalizzare i mezzi agricoli ancora in grado di dare risultati economici all’agricoltura, sebbene datati. In questo modo la revisione diventerebbe sostenibile anche economicamente e potrebbe concretamente diventare il pilastro di un agricoltura più sicura, professionale ed europea”, conclude Tassinari.
Riferimenti normativi
Decreto Interministeriale 80 del 2019
Decreto Interministeriale 20 maggio 2015
Articolo 110 del Codice della Strada