ROMA – “La filiera zootecnica italiana è pronta a fare la sua parte nel processo di transizione ecologica e a raccogliere le indicazioni del Green Deal, ma voglio precisare che in tema di ambiente non è mai rimasta con le mani in mano e occorre dirlo con chiarezza”.
Lo sottolinea il presidente dell’associazione OICB-Organizzazione Interprofessionale per la Carne Bovina Matteo Boso, in occasione di un recente convegno sugli allevamenti bovini e sulla sostenibilità.
“Abbiamo bisogno di rimarcare quanto di buono in tema ambientale hanno espresso gli allevatori e i trasformatori negli ultimi 50 anni – ha aggiunto Boso -. Per fare un esempio, dai dati presentati dal professor Bruno Ronchi, presidente del Comitato Consultivo ‘Allevamenti e prodotti animali’ dell’Accademia dei Georgofili, è emerso chiaramente che gli allevamenti italiani hanno ridotto del 40% le emissioni di metano, il principale gas serra della zootecnia. Anche sulla quantità di acqua, così preziosa, necessaria per produrre 1 kg di carne è emerso che per l’87% è costituita da ‘green water’, ovvero acqua piovana utile alle coltivazioni”.
“Nel vasto scenario dell’informazione, è necessario che questi dati, basati su criteri di rilevamento scientifici, siano portati all’attenzione dell’opinione pubblica e dei consumatori, perché siamo stanchi di essere tacciati come gli inquinatori del Pianeta”, aggiunge il presidente di OICB, in fase di riconoscimento, che riunisce 7 grandi organizzazioni che rappresentano la filiera delle carni bovine che vanno dall’allevamento (CIA-Agricoltori Italiani, Copagri, Confagricoltura), alla trasformazione (UNICEB, Assograssi), alla distribuzione (Fiesa-Confesercenti) e che vedono tra i soci fondatori anche Assalzoo.
“Questo è uno dei tanti impegni che ha assunto l’OICB per difendere gli interessi di tutto il comparto e che porteremo avanti con impegno e passione. Il progetto OICB, infatti, nasce dalla considerazione che sullo scenario italiano mancava una vera Organizzazione Interprofessionale della carne bovina che raccogliesse, come accade in altri Paesi europei, una grande parte dei rappresentanti delle produzioni zootecniche nazionali ed è aperto a tutte le forze di rappresentanza di buona volontà”, continua Boso.
“Riteniamo che un’Organizzazione Interprofessionale non possa essere utilizzata come un mero strumento per raccogliere fondi che servono per promuovere un marchio, tra l’altro non rappresentativo di tutta la produzione italiana. Ci piacerebbe molto riuscire a intavolare un dialogo di convergenza, ma tutti i tentativi espletati, che sono stati tanti, si sono arenati sul tema dirimente, che è quello di dare pari dignità a tutte le componenti di una Organizzazione Interprofessionale. L’esperienza realizzata in altri paesi europei ci ha insegnato che solo l’unità di tutti i soggetti della filiera riesce a sostenere sul mercato la zootecnia italiana nel suo insieme, senza scadere nella tentazione di valorizzare marchi puramente commerciali”, conclude il presidente di OICB Boso.
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