ROMA – «Serve un sistema alimentare più equilibrato. Dobbiamo avere l’ambizione, la responsabilità e il coraggio di disegnare insieme un nuovo modello che declini concretamente questo concetto: produrre meglio, consumando meno». Con queste parole il Vice Direttore Generale della FAO, Maurizio Martina, ha aperto i lavori del 1° Agrifood Forum di Rinnovabili.it, conferenza digitale dedicata all’agricoltura e all’alimentazione sostenibili che si è tenuta il 6 maggio.
L’appuntamento è stato organizzato dal quotidiano online sulla sostenibilità ambientale (https://www.rinnovabili.it/), diretto da Mauro Spagnolo, con la collaborazione di Santa Chiara Lab (https://santachiaralab.unisi.it/) dell’Università di Siena e il e il patrocinio di Borghi autentici, Future Food Institute, Fondazione Symbola, Slow food Italia, Earth day Italia.
L’Agrifood Forum ha favorito il dibattito tra istituzioni, associazioni e imprese del settore agroalimentare nazionale in vista degli importanti appuntamenti internazionali che si terranno nella seconda metà del 2021.
A settembre l’ONU organizzerà il Food System Summit, un vertice internazionale sui sistemi alimentari come parte del decennio di azione per raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030. L’Italia giocherà un ruolo fondamentale nella preparazione di questo percorso, organizzando dal 19 luglio al 21 luglio il pre-Summit. Sarà un momento chiave per mobilitare gli impegni di cui il settore agroalimentare ha bisogno, con l’obiettivo di renderlo più sano, ecologico, resiliente, efficiente e inclusivo.
La conferenza organizzata da Rinnovabili.it è parte di questo percorso di avvicinamento che mira a gettare le basi per una trasformazione dell’agrifood globale realmente virtuosa.
La prima sessione ha affrontato il tema della risposta delle istituzioni, delle associazioni e della ricerca di fronte alla sfida della transizione ecologica e della sostenibilità nel sistema agro-alimentare. «Il 2021 è un anno cruciale – ha ricordato il direttore di Rinnovabili.it, Mauro Spagnolo, dando il via alla conferenza nella veste di moderatore – tra il Food System Summit, il G20 a presidenza italiana e la COP26. La sostenibilità alimentare è un tema che sta diventando centrale nelle linee guida della politica italiana e non solo, ed è anche un tema complesso che racchiude tanti sotto-aspetti da analizzare congiuntamente: la cultura del cibo, l’esigenza di creare nuove alleanze come quella tra produttori e consumatori, la riduzione degli sprechi, la povertà alimentare, l’innovazione».
In un anno di importanti vertici internazionali e nel mezzo della pandemia di coronavirus, le Nazioni Unite hanno un ruolo di coordinamento centrale. «Penso che il 2021 sia cruciale per le grandi sfide di sostenibilità che abbiamo davanti, e l’Italia è baricentrica in questo momento – introduce Maurizio Martina, Vice Direttore Generale FAO – I tre aspetti della crisi attuale, quello sanitario, economico-sociale e climatico-ambientale, hanno come epicentro la tenuta dei sistemi alimentari e agricoli e la loro capacità di riorganizzarsi in funzione di queste sfide. Quando pensiamo alla sfida del clima, ciò che fino a poco fa consideravamo emergenziale sta diventando normale: questo deve diventare un tema centrale delle politiche alimentari. Serve un sistema alimentare più equilibrato. Dobbiamo avere l’ambizione, la responsabilità e il coraggio di disegnare insieme un nuovo modello che declini concretamente questo concetto: produrre meglio, consumando meno».
Sui passi concreti che l’Italia deve compiere per raggiungere questi obiettivi si è concentrato l’intervento di Stefano Patuanelli, Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. «Spesso l’Italia ha fissato obiettivi, ma senza dare alle aziende strumenti per raggiungerli. Oggi li abbiamo: in parte grazie alla nuova Pac post 2020, in parte grazie alla chance aperta dalla risposta alla pandemia. Dobbiamo fronteggiare una mancanza di sovranità alimentare, migliorare la gestione dell’acqua che è un tema non più procrastinabile, distribuire il valore aggiunto nella filiera e in modo corretto anche attraverso i contratti di filiera. Tutto questo passa anche attraverso l’innovazione nel settore primario: dalla sensoristica all’uso del satellitare, al GPS, all’agricoltura di precisione. Anche questo è produrre meglio, consumando meno».
«L’innovazione per noi affianca i sistemi alimentari, dal campo alla tavola – fa eco Giorgio Marrapodi, Direttore generale per la Cooperazione allo Sviluppo del MAECI – L’innovazione serve per migliorare i processi, fino a eliminare quel 1/3 della produzione che finisce nella spazzatura ed è un problema etico oltre che alimentare. Saremo più credibili al pre-vertice di luglio e al summit di settembre se l’Italia avrà degli impegni precisi in tema di sostenibilità alimentare».
Il percorso che si snoda lungo questi impegni va costruito insieme al consumatore, per comunicare il binomio Made in Italy – sostenibilità. «Dobbiamo scegliere accuratamente il sistema con cui decidiamo di misurare la sostenibilità alimentare – sostiene Filippo Gallinella, Presidente Commissione Agricoltura della Camera – Sostenibilità non solo del prodotto, ma anche dell’azienda agricola visto che possiamo misurare l’impatto delle pratiche agricole sull’ambiente».
L’approccio inclusivo va allargato alla fase di sviluppo di una maggiore capacità produttiva dei sistemi agricoli. «Oggi ci viene chiesto di produrre sempre di più, preservando le risorse naturali. Come possiamo farlo? Dando servizi ecosistemici per il progresso della società – puntualizza Massimiliano Giansanti, Presidente di Confagricoltura, che sottolinea il ruolo centrale dell’innovazione per migliorare la tracciabilità e per dare impulso al sistema-Paese – Ci sarà dibattito in futuro tra cibo sintetico e cibo naturale. Dobbiamo proteggere il Made in Italy: così, intorno all’agricoltura potremo costruire un comparto trainante dell’economia».
«Per conciliare sostenibilità, piccole dimensioni e redditività, la parola chiave è innovazione, che deve essere sì tecnologica ma anche organizzativa e sociale. Va promosso un modo nuovo delle aziende di organizzare se stesse e di mettersi in relazione con gli altri – argomenta Angelo Riccaboni, Presidente di Santa Chiara Lab dell’Università di Siena – Servono meccanismi nuovi di co-creazione come i Living Lab: momenti in cui imprese, innovatori, esperti e policy makers si trovano insieme per elaborare delle soluzioni».
Ermete Realacci, Presidente di Fondazione Symbola, ricorda che «la nostra agricoltura tra quelle europee è quella con il maggior numero di giovani e di donne. Quindi non solo produce reddito, ma anche senso: è un’attività che vogliono fare. E noi non vinceremo la sfida della transizione ecologica, se la gente non la percepisce anche come una liberazione. La tutela dell’agricoltura italiana significa territorio, comunità, bellezza. Serve una difesa della nostra identità, incrociata con l’innovazione. Per noi la sostenibilità non è solo la somma di algoritmi astratti, ma il cuore di ciò che l’Italia ha da dire al mondo».
«Le biotecnologie rappresentano un potenziale enorme di sviluppo per l’agricoltura, soprattutto oggi perché abbiamo le nuove tecniche di genome-editing – considera Massimo Iannetta, Responsabile Divisione Biotecnologie e Agroindustria di ENEA – Centrale è anche il tema della chiusura dei cicli. Su questo punto abbiamo attivato una piattaforma di stakeholder, IGEST, con l’obiettivo di fare innovazione non solo tecnologica ma anche di governance, verso nuovi modelli di sviluppo per creare nuovo valore aggiunto all’interno delle filiere».
L’innovazione non è qualcosa di astratto, ma una serie di politiche e di pratiche concrete. Per questo Francesco Sottile, del Comitato esecutivo di Slow Food, rimarca l’importanza di fare un passo indietro per vedere questo concetto con più chiarezza. «Dobbiamo capire quale innovazione serve. Quella che negli ultimi 50 anni ha caratterizzato l’agricoltura, probabilmente non è stata la migliore per garantire l’equilibrio tra uomo e ambiente. La prima innovazione di cui abbiamo bisogno è culturale. L’innovazione genetica tampona solo un problema, mentre dobbiamo risolverlo alla base».
Sara Roversi, Presidente del Future Food Institute propone di affrontare il processo di costruzione di nuovi modelli di sviluppo con la lente dell’ecologia integrale. «È l’unico modo di pensare all’ecologia per tenere insieme le tante dimensioni che vengono toccate: ambientale, sociale, culturale, economica. Educazione e formazione sono tra i pilastri della transizione in atto nei sistemi alimentari: dobbiamo prima di tutto imparare un modo diverso di affrontare i problemi».
I piccoli Comuni d’Italia possono essere luoghi di sperimentazione di queste nuove tendenze di innovazione del sistema alimentare. «Il cambiamento culturale sull’agricoltura non deve declinare in modo elitario il tema del cibo, bisogna chiudere il cerchio e coinvolgere cittadini, amministratori locali. Tra gli strumenti da potenziare per sostenere la trasformazione del sistema agroalimentare ci sono i distretti del cibo e, in generale, tutti quelli che creano opportunità per i piccoli Comuni», conclude Rosanna Mazzia, Presidente dell’Associazione Borghi Autentici.
La sessione pomeridiana dell’Agrifood Forum ha dato voce a chi interpreta quotidianamente il percorso di trasformazione dell’agricoltura. Grandi aziende e start up innovative hanno raccontato la loro esperienza e condiviso la loro visione del futuro dell’agrifood.
La torsione verde dell’agricoltura passa anche da un rapporto diverso con l’energia. Per Giovanni Tula, Responsabile Sostenibilità di Enel Green Power, è possibile una condizione win-win se si individua un nuovo modello ottimale di gestione integrata. Sfida resa più che attuale dall’inserimento dell’agrivoltaico nel Pnrr. «I benefici dell’agrivoltaico possono essere sia ambientali che sociali. Quanto ai primi si parla di servizi ecosistemici, come il miglioramento degli habitat e della biodiversità. I benefici sociali includono più posti di lavoro, ma anche nuove tipologie di lavori. A questo si può arrivare se sviluppiamo nuove competenze che oggi non esistono: ad esempio possiamo immaginare un operatore agro-solare, che è impegnato sia nella parte agricola tradizionale ma anche in parte degli interventi di ordinaria amministrazione sull’impianto».
Massimo Monti, AD di Alce Nero, vede come priorità l’educazione e l’equità. «Da 40 anni il cibo costa troppo poco rispetto al suo valore reale e viene percepito come una commodity data per scontata. Dobbiamo agire sia sull’educazione civica sia sull’equità nella distribuzione del reddito. Il fatto che una famiglia non possa spendere 100 euro in più al mese per mangiare bene, quello è il problema». Gli fa eco Lara Ponti, AD di Ponti SpA: «Negli ultimi anni si è costruito il pensiero che il cibo sia scontato. Di fatto, come ogni prodotto, in realtà ha dietro il lavoro delle persone. Bisogna valorizzare questo aspetto, che tocca la sostenibilità ma anche temi come l’equità». «Se riusciamo a collegare il valore fantastico del made in Italy anche al cibo sostenibile, aumentiamo la credibilità della nostra offerta alle nuove generazioni», propone Gianpiero Calzolari, Presidente del Gruppo Granarolo.
Gli esempi di buone pratiche sostenibili in questo ambito si possono trovare sia tra i marchi affermati che nel mondo delle start up. Andrea Illy, Presidente di illycaffé, affronta la sfida della decarbonizzazione promuovendo l’agricoltura rigenerativa. «Ci permette di combinare i benefici per l’ambiente con quelli per la salute e di essere net-zero in maniera circolare, aumentando la capacità di fissazione di carbonio dei terreni agricoli senza puntare sull’offsetting». Enrico Galasso, AD di Birra Peroni, spiega come «tramite il Campus Peroni facciamo formazione per le giovani generazioni di agricoltori. L’obiettivo primario è migliorare la sostenibilità dell’orzo distico». Accelerazione e incubazione di impresa sono anche al centro degli sforzi di ENI. Tra le molte iniziative spicca Joule, la Scuola di ENI per l’Impresa che punta molto sul Sud Italia. «Con la call SouthUp sui temi dell’agritech e dell’agri-energia, Joule vuole coinvolgere le aziende agricole lucane per creare innovazione con ricadute sul territorio della Basilicata. Tramite la call, Joule punta a fare del Sud Italia un punto di riferimento europeo sull’innovazione in campo agricolo», spiega Massimo Sabatini, Acceleration Specialist per SouthUp.
La missione di Osvaldo De Falco, co-founder e CEO Biorfarm, è usare «il digitale per garantire un giusto margine all’azienda agricola, soprattutto i piccoli agricoltori locali biologici, e al tempo stesso assicurare ai consumatori la freschezza dei prodotti e raccontarne la storia». Daniele Benatoff, co-founder e co-CEO Planet Farms spiega perché puntare sul vertical farming: «Usiamo la tecnologia per aiutare l’agricoltura. Il vertical farming produce dove serve quando serve: la produzione è a ridosso dei centri urbani, disponibile 365 giorni l’anno ma senza chimica». «Tutto quello che viene fatto nel campo ha un costo, e noi lo rendicontiamo puntualmente con l’app IoAgri. Così l’agricoltore ha una stima dei costi che ha sostenuto e ipotizzare dei guadagni reali», conclude Vito Sanitate, co-founder e CEO IoAgri.
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