Firenze – Dopo la sentenza shock del Tar del Lazio , sono i giudici della Corte di Cassazione ad “entrare a gamba tesa” sul settore agricolo: lo IAP non può beneficiare delle agevolazioni ICI ed IMU dedicate ai terreni agricoli a tale scopo utilizzati, urbanisticamente qualificati aree edificabili, se ubicati in una Regione diversa da quella che ha riconosciuto la qualifica professionale.
Per i giudici di Cassazione, dato che l’accertamento della qualifica è demandata alle singole
regioni, se accertata nell’una non produce effetti nel territorio dell’altra. Il caso posto al giudizio della Cassazione riguarda uno IAP residente in una Regione (Sicilia), al quale un comune di altra Regione (la Campania), ha contestato l’omesso versamento dell’ICI,
in relazione a terreni agricoli utilizzati nell’ambito dell’attività agricola, urbanisticamente
qualificati aree edificabili.
La Commissione tributaria regionale aveva respinto l’appello dell’imprenditore, che aveva
chiesto il riconoscimento de diritto all’applicazione della cd “finzione giuridica”, per la quale ai fini ICI/IMU, non si considerano edificabili quei terreni sui quali viene comunque svolta un’effettiva attività agricola da parte di coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali iscritti all’Inps.
La motivazione addotta dai giudici della Commissione tributaria, fatta propria ora dalla
Cassazione, si basa sul fatto che l’imprenditore in questione è proprietario dei terreni agricoli, urbanisticamente classificati aree edificabili, ubicati in Campania ma è stato riconosciuto IAP dalla Regione Sicilia e pertanto la qualifica esplica i suoi effetti solo nell’ambito territoriale di quest’ultima regione.
Interpretazione certamente bizzarra nella sua gravità, che assume un peso ancor maggiore in quanto, secondo i giudici, a differenza del coltivatore diretto, lo IAP rappresenta una
“…figura moderna di imprenditore del settore agricolo, che riveste un ruolo dirigenziale
e non meramente esecutivo manuale…”. Affermazione in grandissima misura sganciata
dalla realtà! Così come sganciata dalla norma (questa volta), è la pretesa di ricondurre la qualifica di IAP nei confini della Regione che l’ha certificata.
I giudici sono partiti dal presupposto (ahimè, clamorosamente errato!), che la Regione che ha riconosciuto la qualifica professionale, abbia verificato in capo all’aspirante IAP, il rispetto delle caratteristiche tempo lavoro, reddito e capacità professionale, considerando solo i terreni posseduti e condotti nella stessa Regione, quando invece vengono presi in considerazione tutti quelli di cui ha la disponibilità.
La grave posizione assunta dalla Corte di Cassazione, rischia di avere un effetto trascinamento anche su altre importantissime agevolazioni di natura fiscale, dedicate al coltivatore diretto ed estese allo IAP.
Da Dimensione Agricoltura – giugno 2021
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