VERONA – Il caldo torrido, anomalo per il mese di giugno, sta mettendo in difficoltà le attività agricole nelle campagne. Le colture veronesi stanno soffrendo del repentino passaggio da una primavera fresca a temperature che in questi giorni sono arrivate a 34 gradi.
“Siamo di fronte a un giugno siccitoso e a un caldo africano di cui non si ha memoria da decenni – sottolinea Alberto de Togni, presidente di Confagricoltura Verona -. Siamo passati da un maggio fresco a un’estate di fuoco che ci sta costringendo a razionalizzare al massimo le risorse idriche, che sono limitate. In questo periodo siamo nella fase della raccolta del grano e il caldo è ottimo per questo seminativo. Ma ci aspettiamo che arrivi la pioggia in quanto mais e soia e altre colture a pieno campo, comprese le orticole, le viti e gli alberi da frutto, hanno bisogno di acqua e temperature fresche. Le irrigazioni di soccorso sono indispensabili, ma questo comporta un aumento dei costi a scopo irriguo e per la manutenzione degli impianti, con un surplus di spese che andrà a gravare sui redditi degli agricoltori già messi a dura prova dalla pandemia”.
Grande sofferenza anche per gli animali, a cominciare dalle vacche da latte e da carne. “Tutte le bestie da allevamento soffrono per le temperature elevate e i tassi alti di umidità – sottolinea Paolo Ferrarese, ex presidente di Confagricoltura e allevatore – e non parliamo solo di bovini, ma anche di polli, tacchini, suini, conigli ed equidi. Gli allevamenti, soprattutto quelli più grandi e professionali, si sono dotati tutti di impianti di raffrescamento e ventilazione che evitano di causare un forte stress nell’animale, con calo della produttività per quanto riguarda ad esempio il latte, e i casi di moria che si sono verificati in passato. Chi soffre, comunque, è l’allevatore, in quanto questi impianti hanno alti costi sia di installazione che di manutenzione, che rendono sempre più difficile la sopravvivenza degli allevamenti. I prezzi del latte sono, da mesi, fermi a 36 centesimi il litro, cifre così basse da non coprire le spese di produzione, tanto più che i costi dei mangimi sono schizzati alle stelle e le perdite per chi munge latte sono ormai enormi”.
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