ROMA – I cambiamenti climatici anche in Italia sono presenti e tangibili, con ricadute dirette e già in atto per l’agricoltura.
Da una parte si chiede (agli allevamenti, in particolare) di ridurre le emissioni; dall’altra è necessario spingere sulla ricerca per avere varietà sempre più resistenti alla siccità (ma anche strade alternative sostenibili alla difesa delle colture).
Il riscaldamento globale del Pianeta, i cambiamenti e le variazioni del clima e le loro conseguenze sono oramai una realtà incontrovertibile. La comunità scientifica internazionale da anni indica ai governi quale strada intraprendere per prevenire il
riscaldamento globale e limitarne le conseguenze sull’ambiente e sui sistemi socio-economici: ridurre le emissioni di gas climalteranti, procedendo verso la de-carbonizzazione dell’economia; allo stesso tempo, prepararsi ad affrontare gli impatti dei cambiamenti,
attraverso strategie e piani di adattamento.
E’ quanto emerge30
Obiettivo principale del Rapporto è stato quello di individuare, mettere a sistema e popolare per la prima volta in Italia gli indicatori disponibili a livello nazionale e regionale nell’ambito del SNPA inerenti i possibili impatti dei cambiamenti climatici sulle risorse naturali e sui settori socio-economici del nostro Paese.
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Il set di indicatori, suddiviso in 20 Indicatori di livello nazionale elaborati da ISPRA e 30 Casi pilota regionali sviluppati dalle ARPA o altri soggetti regionali partecipanti all’iniziativa, fornisce un primo quadro conoscitivo sui fenomeni potenzialmente connessi ai cambiamenti climatici sul nostro territorio e rappresenta un sistema dinamico e aggiornabile anche in funzione di eventuali nuove acquisizioni scientifiche in materia di cambiamenti climatici e relativi impatti sui diversi settori, nonché del contributo di soggetti esterni al Sistema che operano in questo ambito.
Si va dalle risorse idriche al patrimonio culturale, passando attraverso agricoltura e produzione alimentare, energia, pesca, salute, foreste, ecosistemi marini e terrestri, suolo e territorio, ambiente alpino/appenninico e zone costiere. A tali fenomeni si aggiunge una chiara tendenza al degrado del permafrost. L’analisi di due siti pilota regionali (Valle d’Aosta e Piemonte) evidenzia un riscaldamento medio di +0,15 °C ogni 10 anni con un’elevata probabilità di “degradazione completa” entro il 2040 nel sito piemontese.
Anche passando dai monti al mare la situazione mostra segnali inequivocabili: all’aumento della temperatura del mare corrisponde già una significativa variazione della distribuzione delle specie, con un aumento della pesca nei mari italiani di quelle che prediligono temperature elevate (specie di piccole dimensioni come acciuga, sardinella, triglia, mazzancolle e gambero rosa), che si stanno diffondendo sempre più a nord nei mari italiani. Penalizzate, invece, le specie di grandi dimensioni, talvolta di grande interesse commerciale, come il merluzzo, il cantaro, il branzino, lo sgombro e la palamita.
AGRICOLTURA – Evidenze di stress idrico per le colture (mais, erba medica e vite) e le specie vegetali analizzate (ambienti naturali tipici del Friuli) si riscontrano nei casi pilota di Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia, dove la carenza continuativa di rifornimento idrico valutata in diversi mm/decennio può comportare sul lungo periodo possibili conseguenze sul ciclo di crescita e riproduttivo, e una consistente perdita produttiva con evidenti ricadute economiche.
A fronte di tendenze ancora non statisticamente significative o definibili, su cui dovrà necessariamente focalizzata l’attenzione nel prosieguo dell’attività, il quadro che emerge mette in evidenza alcuni segnali già riconoscibili e significativi riguardo allo stato di salute dei nostri ghiacciai, dei nostri mari nonché degli ecosistemi naturali del nostro territorio, quali campanelli d’allarme per quelle che potranno essere le conseguenze anche sulla società e sull’economia italiane.
Il quadro conoscitivo è stato completato con una selezione di buone pratiche per fornire alcuni esempi di come gli indicatori siano stati tradotti in misure messe in atto a livello locale per far fronte agli effetti dei cambiamenti climatici.