ROMA – La siccità straordinaria in Nord America che prospetta una severa riduzione dei raccolti di grano duro dei due principali esportatori (Canada e Usa), accanto alle attese di una contrazione delle scorte globali, stanno determinando diffuse tensioni sui prezzi dei cereali.
Lo scenario che si profila sta destando non poche preoccupazioni alla luce anche del grave aumento del livello di insicurezza alimentare nelle aree meno sviluppate del pianeta generato dalla pandemia, come è stato più volte sottolineato durante il pre-summit della Fao.
L’attuale impennata dei prezzi dei cereali, in aggiunta a un dollaro Usa forte e alla generale spinta inflattiva dei prezzi delle food commodities, con l’indice FAO che ha toccato a maggio livelli che non si vedevano dal 2011, rischia infatti di infliggere un duro colpo ai Paesi in via di sviluppo, molti dei quali dipendenti dall’estero per l’approvvigionamento dei cereali.
Relativamente al contesto italiano, dopo l’allarme di Italmopa, che non ha escluso difficoltà di reperimento della materia prima anche per l’industria molitoria italiana, se le stime di una riduzione del 40% dei raccolti in Canada e Usa dovessero trovare conferma, anche l’Ismea ha fatto il punto sulla situazione dei mercati cerealicoli e l’andamento produttivo a poche settimane dall’avvio delle operazioni di trebbiatura del nuovo raccolto.
Grano duro, Italmopa: Forte contrazione offerta mondiale, potrebbe aprire scenari imprevedibili
Secondo l’istituto, la dinamica piuttosto sostenuta che sta interessando i listini in queste ultime settimane, e che fa seguito agli incrementi registrati nella scorsa campagna 2020/21, sta avvicinando i prezzi ai livelli record registrati durante la precedente fiammata del mercato nel 2008.
Nel mese di luglio il grano proveniente dal Nord America ha raggiunto la quotazione di 372,14 euro/t a (+18,9% su base congiunturale), mentre sulle piazze di riferimento nazionali sono stati rilevati aumenti del 10,6% su giugno a Bologna (327,40 euro/t), del 10,4% a Milano (326,75 euro/t) e dell’11,1% a Foggia (330,50 euro/t). Una dinamica piuttosto sostenuta, sottolinea l’Ismea, che sta avvicinando i prezzi ai livelli record registrati durante la precedente fiammata del mercato nel 2008.
Cedere ad allarmismi è tuttavia prematuro, considerato che siamo oltre 200 euro/t al di sotto del valore medio massimo registrato a marzo 2008 (492,86 euro/t), come si evince dalla serie storica di Ismea.
Del resto ad innescare la crisi dei prezzi del 2008 erano stati una serie di fattori concomitanti, tra cui non ultimo l’accelerazione dei fenomeni speculativi sul mercato dei futures, per l’afflusso di liquidità in seguito alle crisi di altri prodotti finanziari, connesse al crollo dei mutui subprime americani.
Per quanto riguarda le attese produttive del Nord America, le indicazioni più aggiornate dell’IGC (International Grain Council), indicano un’offerta canadese ai minimi degli ultimi otto anni, con 4,8 milioni di tonnellate (-27% sul 2020) e una produzione quasi dimezzata negli Usa, pari a 1 milione di tonnellate, probabilmente la più scarsa di sempre. Tuttavia, si prevede che il raccolto mondiale subisca un calo “solo” del 2,1% nel 2021, in ragione della maggiore produzione comunitaria (7,8 milioni di tonnellate) l’8,4% in più sulla scorsa campagna.
Per l’Italia, in attesa dei dati ufficiali sui risultati produttivi, una precoce valutazione, realizzata sulla base dell’incremento delle superfici (intenzioni di semina dell’Istat) e dell’atteso aumento delle rese, indica un quantitativo di 4,1 milioni di tonnellate (+6,9% sul 2020).
Relativamente ai timori dell’industria molitoria italiana di una possibile interruzione degli approvvigionamenti di materia prima, l’Ismea fa presente che per quest’anno si prospetta una flessione degli acquisti di pasta sia sul mercato domestico che all’estero in seguito ai volumi record registrati durante in 2020.