APIRO – Soddisfacenti i primi risultati del progetto NEW VINEYARD, finanziato dalla Regione Marche tramite il Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 (fondi FEASR).
«Il progetto intende migliorare la produzione di uve biologiche e ridurre l’impatto ambientale del vigneto attraverso l’introduzione di nuovi sistemi di allevamento della vite, l’utilizzo di reti schermanti ed antigrandine e l’adozione di inerbimenti multifunzionali a strisce – spiega Roberto Cantori, enologo e titolare dell’azienda omonima, in qualità di capofila del progetto – Nel corso dell’Open day che si è tenuto venerdì 23 luglio alla Fattoria Nannì ad Apiro, ho aperto le porte della mia azienda per mostrare le innovazioni introdotte ed i primi risultati raggiunti, nel rispetto delle normative anti Covid»
New Vineyard «nasce dall’esigenza di far fronte ai problemi causati dal cambiamento climatico in viticoltura. Sempre più frequentemente, infatti, al momento della vendemmia, otteniamo uve sbilanciate, con un’elevata concentrazione zuccherina, un alto pH e un basso contenuto acidico, il che si traduce in vini piatti e con un elevato contenuto alcolico – afferma Edoardo Dottori, dell’omonima azienda agricola partner del progetto – Attualmente il mercato globale richiede vini freschi e con un moderato contenuto alcolico, quindi risulta necessario ricercare sistemi di adattamento al cambiamento climatico che facciano fronte ai problemi descritti, lavorando sul vitigno principe dell’areale dei Castelli di Jesi: il Verdicchio».
«I nuovi sistemi di allevamento “High cane” e “Grape net” sono stati calibrati per i vitigni a bassa fertilità delle gemme basali e progettati per le esigenze della viticoltura biologica delle Marche nell’attuale contesto climatico. Con l’”High cane” (capo a frutto alto), il filo portante è assicurato a 1,1 m da terra, così da permettere lo sviluppo di una parete vegetativa bassa controllata con ripetute cimature dei germogli, che andranno a stimolare lo sviluppo di femminelle, la cui azione competitiva nei confronti dei grappoli, indurrà un rallentamento della maturazione degli acini, in termini di accumulo zuccherino. Le femminelle andranno a costituire un “cappello ombreggiante” che porterà ad una condizione di luce diffusa nella fascia produttiva, riducendo i danni da scottature e mantenendo un maggior livello acidico (per rallentamento della respirazione dell’acido malico), fondamentale per la freschezza dei vini – spiega Vania Lanaridell’Università Politecnica delle Marche, partner scientifico del progetto – Il limitato sviluppo in altezza delle chiome permetterà di ridurre il fabbisogno idrico del vigneto migliorando la sua resilienza nei confronti dei fenomeni siccitosi. L’aumento della distanza da terra della fascia produttiva contribuirà a mitigare il rischio dei danni da gelate tardive e faciliterà la gestione delle malerbe che crescono nel sottofila dei vigneti gestiti in biologico. Il dispositivo “Grape net” è invece basato sull’utilizzo di una rete schermante a protezione della fascia produttiva con un duplice scopo: proteggere i grappoli da eventuali grandinate e schermare i grappoli dalla radiazione diretta, contribuendo al rallentamento della maturazione delle uve, al mantenimento del contenuto acidico e dei precursori aromatici»
Tra i risultati emerge anche un primo miglioramento della fertilità del suolo agrario nei vigneti biologici
«La gestione della fertilità dei suoli agrari nei vigneti collinari biologici inerbiti è una attività estremamente complessa, soprattutto a causa della scarsità delle risorse tecniche a disposizione e del fatto che si parte da suoli con un contenuto di sostanza organica molto basso, a causa di decenni di attività agricola intensiva. Uno dei problemi emersi ultimamente è la limitata disponibilità di azoto per le piante che, oltre a provocare limitazioni produttive, crea problemi anche nella fermentazione dei mosti. – sottolinea il prof. Rodolfo Santilocchi dell’Università Politecnica delle Marche – Da osservazioni effettuate si è visto che gli inerbimenti naturali sono molto poveri di leguminose, che potrebbero arricchire il terreno di azoto, per cui nel progetto in corso si è voluto verificare la possibilità di traseminare alcune specie leguminose, sia nell’interfila sia sotto la fila. Nonostante l’andamento stagionale molto sfavorevole, con piovosità nettamente più bassa della media stagionale, nella visita tecnica effettuata sono stati rilevati effetti interessanti».
Tra i partner del progetto New Vineyard, vi sono anche ARCA Srl Benefit e Marca di Ancona CIA Srl. «Noi di ARCA svolgiamo, in collaborazione con la CIA, la funzione di comunicazione e diffusione sul territorio dei risultati ottenuti dal progetto – afferma Bruno Garbini, presidente della società benefit – La funzione strategica del Progetto ARCA è la Rigenerazione dei Suoli Agricoli e dell’ambiente e la valorizzazione del Cibo ottenuto dalle Colture Bio Rigenerative. Appoggiamo, però, anche tutti quei progetti che, direttamente o indirettamente, come in questo caso, contribuiscono a raggiungere i nostri obiettivi».
Il progetto New Vineyard si inserisce perfettamente nelle politiche «della nostra organizzazione CIA da sempre vicina alle aziende che sperimentano innovazioni, che in questo caso interessano un settore tra i più dinamici della nostra Regione, come quello del vitivinicolo e, nel caso specifico, la parte più rispettosa dell’ambiente come l’agricoltura biologica – afferma l’agronomo Dimitri Giardini – Queste tecniche di inerbimento e allevamento del vigneto rappresentano inoltre dei casi concreti per affrontare la prossima grande sfida del mondo agricolo, quella del cambiamento climatico, che in questi anni è sempre più evidente nella nostra Regione e per il quale la nostra organizzazione, assieme all’università ed altri enti di ricerca, è sempre all’avanguardia nel trovare valide soluzioni».