Giornata mondiale contro lo spreco alimentare. Italia tra i Paesi più virtuosi

ROMA – Tra le grandi potenze mondiali è l’Italia il Paese che in assoluto butta meno cibo a testa, poco più di mezzo a chilo a testa a settimana, 1/3 dello spreco autodenunciato dagli statunitensi e la metà di quanto dichiarano i cinesi.

I nostri connazionali sono anche quelli che si dimostrano più sensibili al tema, attribuendo allo spreco alimentare non solo una valenza economica ma anche ambientale (spreco di risorse: acqua, energia, suolo).

Sono alcuni dei risultati dello studio “Food & waste around the world” ( https://www.sprecozero.it/newsletter/food-waste-around-the-world-cross-country-report) , il primo rapporto “G8” su cibo e spreco in 8 Paesi: Stati Uniti, Cina, Regno Unito, Canada, Italia, Russia, Germania e Spagna, diffuso in occasione della 2da Giornata mondiale di consapevolezza delle perdite e degli sprechi alimentari che ricorre oggi.

L‘indagine è stata illustrata a Roma dal fondatore della campagna Spreco Zero Andrea Segrè, direttore scientifico Waste Watcher, ordinario Università di Bologna, assieme al Direttore Scientifico IPSOS Enzo Risso e al coordinatore Cross Country Report Matteo Vittuari, Università di Bologna-Distal.

All’indagine hanno preso parte 8mila cittadini di 8 Paesi del mondo, con un campione statistico di 1000 interviste per ciascun Paese: un confronto incrociato sulle abitudini di acquisto, gestione e fruizione del cibo a livello planetario.

In tema di attenzione e lotta agli sprechi appare netta la forbice tra Europa e le altre grandi potenze del pianeta, come Stati Uniti, Cina e Russia. Se è l’Italia a guidare la classifica del minor quantitativo di alimenti che finisce nei bidoni della spazzatura, la Spagna è invece il Paese che spreca con meno frequenza. Stando alle dichiarazioni raccolte, il 71% degli intervistati del Paese iberico dichiara infatti di gettare il cibo meno di una volta alla settimana. Seguono russi e tedeschi con il 70%, quindi gli italiani con il 69%. Mentre i cittadini cinesi, all’opposto, dichiarano di gettare nel 75% dei casi il cibo una o più volte la settimana e dietro di loro ci sono i cittadini statunitensi: il 55% spreca almeno settimanalmente.

Gli alimenti più sprecati nelle diverse parti del globo, in continuità con le storiche rilevazioni nazionali di Waste Watcher, sono i prodotti freschi e deperibili, frutta e verdura in testa, con percentuali che variano dai 42 grammi circa di spreco settimanale per gli Usa e la Germina ai “soli’ 24,5 grammi in Russia. Gli italiani si assestano su uno spreco settimanale medio di 32,4 grammi settimanali per la frutta e 22,8 grammi per la verdura. Ai vertici dello spreco nel mondo resta anche il pane fresco: dai 38,3 grammi settimanali per gli Stati Uniti ai 22,3 grammi in Italia, e in mezzo il Regno Unito con 33,8 grammi. Anche i latticini, gli yogurt e le cipolle svettano fra i cibi sprecati negli Stati uniti, con oltre 39 grammi settimanali.

Tra le ragioni dello spreco alimentare che emergono dal rapporto si segnalano la tendenza a dimenticare la data di scadenza (media del 44%), l’acquisto eccessivo di cibo (media del 40%) ed errori di valutazione legate all’eccesso di cibo cucinato (media del 33%). I cinesi sono tra tutti quelli con la minore propensione a riutilizzare gli avanzi (il 72%).

Ad accumunare i cittadini degli 8 Paesi indagati è la richiesta di rafforzare l’educazione alimentare nelle scuole e fra tutti consumatori, sensibilizzando maggiormente sui danni ambientali ed economici legati agli sprechi. Tra le misure antispreco più gettonate figurano anche la proposta di etichette efficaci e innovative sui prodotti agroalimentari e confezioni di dimensioni ridotte, mentre riscuote poco successo una eventuale tassazione legata allo sperpero del cibo.

Interessante anche il focus sulle abitudini alimentari dei partecipanti all’indagine e sui driver di scelta dei cibi, da cui si evince, contrariamente alle aspettative che sono i cinesi i cittadini più interessati alla qualità del cibo, in rapporto al costo o all’economicità. Al contrario la maggioranza degli intervistati  in Russia e Germania dichiarano di anteporre il prezzo a criteri di tipo qualitativo.

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