FIRENZE – Se dici Toscana, dici anche castagneti e castagne di qualità, che alimentano una filiera produttiva di eccellenza. E’ questa considerazione alla base del protocollo di intesa che Regione Toscana e Anci Toscana, in rappresentanza delle Unioni dei Comuni montani, firmeranno a tutela di una risorsa di grande valore sia in termini socio-economici che ambientali.
In Toscana si trasformano e si commercializzano non solo la castagna, ma anche miele e, in alcune zone, legname. Negli ultimi anni, fattori ambientali esterni e patogeni, dovuti ai cambiamenti climatici, all’abbandono della coltivazione dei boschi di castagno da frutto, all’ingresso nell’habitat locale di parassiti animali – il cinipide del castagno – e vegetali – il fungo gnomoniopsiscastaneae – hanno causato gravi problemi alle principali produzioni castanicole. Di qui la la necessità di intervenire a sostegno del settore che si è ridotto notevolemente attraverso azioni coordinate e strutturate sull’intero territorio regionale.
«Questo protocollo – spiega la vicepresidente e assessora all’agroalimentare Stefania Saccardi – rappresenta un risultato importante in questa direzione. L’accordo è frutto del lavoro svolto attraverso il tavolo sulla castanicoltura di Anci, insediato per volontà della Regione, che ha consentito un monitoraggio attento sulle criticità e le prospettive. Sarà uno strumento fondamentale – conclude- soprattutto in questa fase di ripartenza di tutte le attività produttive dopo l’emergenza pandemica.
«Si tratta di un passaggio importante – ha detto Tommaso Triberti, sindaco di Marradi e consigliere del presidente Giani per i rapporti con i Comuni montani e con i piccoli borghi, – per uno dei settori di eccellenza della nostra Regione, che merita di avere un ruolo sempre più centrale nelle scelte strategiche della Toscana. La salvaguardia e la conservazione dei nostri castagneti e la volontà di sostenere e tutelare la castanicoltura sono obiettivi centrali che devono vederci lavorare insieme. Il futuro della montagna passa anche da queste scelte».
I contenuti del protocollo
Obiettivo principale è promuovere una strategia di valorizzazione della castanicoltura insieme ad azioni di prevenzione e di tutela dello stato di salute dei castagneti toscani. In particolare, grazie all’accordo verrà sviluppata una rete capillare di monitoraggio e mappatura delle condizioni delle diverse aree di produzione.
Per il miglioramento dello stato di conservazione dei castagneti, sia da frutto che da legno, si punterà alla valorizzazione delle varietà locali e alla diffusione di corrette pratiche agronomiche e cure selvicolturali: per accrescere il valore economico-paesaggistico della castanicoltura, ma anche per favorire investimenti e attività legate al castagno a sostegno dello sviluppo dell’economia territoriale.
I numeri del settore castanicolo in Toscana
Su un totale di superficie forestale pari a 1 milione e 150 ettari, sono 177mila gli ettari di bosco di castagni in Toscana, circa il 15 per cento.
Di questi, 33mila ettari sono castagneti da frutto di cui però solo la metà sono coltivati per la produzione di castagne.
Cinque le denominazioni origine: Marrone del Mugello Igp, Marrone di Caprese
Michelangelo Dop, Castagna del Monte Amiata Igp, Farina di Neccio della
Garfagnana Dop e la Farina di Castagne della Lunigiana Dop.
La Toscana è in ogni caso una delle reigoni dove il castagno è maggiormente diffuso e la castanicoltura da frutto riveste storicamente un’importanza rilevante soprattutto nell’ambito appenninico. E’ anche la regione che raccoglie il maggior numero di associazioni (11) che da sole rappresentano quasi il 70% del totale italiano, oltre a 6 tra consorzi e cooperative e 31 tra Coimuni e Unioni di Comuni.