ROMA – Quanto sprecano le famiglie italiane e quanto vale ciò che si getta nella spazzatura?
A queste domande ha provato a rispondere il Gruppo di ricerca dell’Osservatorio sprechi alimentari del CREA, con uno studio – pubblicato sulla rivista internazionale Foods – che ha inteso valutare per la prima volta lo spreco alimentare delle famiglie italiane, sia sotto il profilo quantitativo che quello monetario.
Lo studio Nel luglio 2018 è iniziata un’indagine su un campione rappresentativo di 1.142 famiglie italiane, estratte da un Panel di consumatori di Growth for Knowledge (GFK) Italy®, un’agenzia di ricerca di mercato. Gli adulti (>18 anni), riconosciuti come i responsabili degli acquisti alimentari e della preparazione dei pasti, sono stati valutati con un questionario auto-somministrato volto a quantificare lo spreco alimentare domestico.
Successivamente i dati raccolti, i primi in Italia in materia, sono stati collegati ed elaborati con i dati che GFK traccia sistematicamente sul Panel dei consumatori in termini di prodotti alimentari acquistati nei supermercati e nella grande distribuzione, sia come quantità di cibo acquistato, che registrandone il valore economico. Per ogni alimento gettato via è stato chiesto anche lo stato dello spreco, consentendo di categorizzarlo nelle seguenti quattro tipologie: (i) cibo completamente inutilizzato, (ii) cibo parzialmente usato, (iii) avanzi di un pasto ed (iv) avanzi dopo essere stati conservati.
I risultati dell’indagine triennale hanno evidenziato come il campione analizzato di 1142 famiglie, rappresentativo del contesto italiano, abbia sprecato 399 kg di cibo a settimana, pari al 4,4% del peso del cibo acquistato, con un valore monetario totale dei prodotti alimentari sprecati di 1.052 euro , pari al 3,8% della spesa alimentare del campione.
“E’ emerso – spiega Vittoria Aureli del CREA Alimenti e Nutrizione e investigatore principale del lavoro – che in Italia i rifiuti sono completamente inutilizzati o parzialmente utilizzati e che, in generale, tutto il cibo cotto viene consumato, portando a una percentuale generalmente piccola di avanzi. Aggiunge Laura Rossi, ricercatore CREA Alimenti e Nutrizione e coordinatore dello studio, che tra gli alimenti non utilizzati e scartati, inoltre, c’è un fattore importante legato sia al prezzo degli acquisti che al peso degli sprechi: infatti, i prodotti con un alto costo unitario hanno un impatto minore sul peso degli sprechi alimentari, mentre, all’opposto, alimenti a basso costo unitario, vengono gettati via in grandi quantità, un elemento importante da considerare in campagne di sensibilizzazione”.
Il contesto di partenza Il dimezzamento dello spreco alimentare pro-capite è uno degli obiettivi cardine dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, sottoscritta dai Paesi delle Nazioni Unite nel 2015. Il CREA Alimenti e Nutrizione ha verificato che nel mondo lungo tutta la filiera agro-alimentare risultano sprecati 1.3 bilioni di tonnellate di cibo destinato al consumo umano ogni anno, con una perdita economica complessiva di 800 bilioni di euro. Analizzando le singole fasi della filiera, lo spreco a livello domestico risulta avere il maggior impatto negativo soprattutto nei Paesi ad alto reddito.
Le ricadute Dal punto della produzione questi dati sono estremamente importanti perché sui prodotti più sprecati, ossia quelli a basso costo, sarebbe più utile applicare una strategia di vendita – senza aggravi di prezzo – con unità piccole che consentano ai consumatori di sprecare di meno, senza dimenticare l’attenzione agli imballaggi. Un minore spreco a tavola comporta benefici per l’ambiente, sia in termini di risorse, materie prime ed energia.