ROMA – L’Italia del vino cavalca appieno la tumultuosa ripresa della domanda mondiale. Complice il rinnovato fascino del brand Italia, grazie anche agli inattesi trionfi in ambito sportivo (Europei di calcio) e musicale (Eurovision song contest), le esportazioni vinicole tricolori hanno registrato a luglio un ulteriore balzo in avanti arrivando a sfiorare i 4 miliardi di euro, valore che rende sempre più a portata di mano il traguardo dei 7 miliardi auspicati a fine anno.
Secondo le elaborazioni di Ismea e Unione Italiana Vini su dati Istat, nei primi sette mesi dell’anno le spedizioni sono aumentate del 6% in quantità rispetto allo stesso periodo del 2020, per una crescita del 15% dei corrispettivi. Nello stesso periodo anche gli invii da Francia e Spagna hanno fatto segnare un forte rimbalzo (rispettivamente +34% e + 11% a valore) dopo le ingenti perdite subite nel 2020 a causa della pandemia.
L’andamento particolarmente sostenuto dei fatturati nazionali all’estero riflette l’incremento generalizzato dei valori medi, sotto la spinta di una domanda fortemente dinamica e maggiormente orientata verso segmenti a più elevato valore aggiunto. A tal proposito si evidenzia la brillante performance dei vini Dop (+17% i valori), trainati sia dal segmento dei fermi (+15%) sia da quello degli spumanti (+27%).
Relativamente ai prezzi, va sottolineato anche che l’Italia è il Paese che nel tempo ha goduto di una valorizzazione maggiore del prodotto sui mercati esteri, con listini quasi triplicati rispetto a 25 anni fa. Se nel 1997 il valore medio all’export del vino tricolore era di 1,3 euro al litro, nel 2020 si sono raggiunti mediamente i 3 euro al litro per un incremento del 129%. Nello stesso periodo la Francia ha fatto registrare una flessione del 15% scendendo a 4,2 euro al litro rispetto ai 5 euro del 2007 e la Spagna è cresciuta del 17%, portandosi a 1,3 euro al litro del 2020. Un riconoscimento tangibile ed evidente del percorso di qualità portato avanti negli ultimi due decenni dalle cantine del Belpaese e che sta riducendo nell’ultimo periodo, anche nel percepito del consumatore finale, il gap con il competitor transalpino.
Tornando ai dati del 2021 e scorrendo la lista delle principali destinazioni si evidenzia una progressione più sostenuta nei Paesi terzi con un più 11% in volume e +17% in valore, rispetto alla Ue, i cui acquisti si sono mantenuti stabili nella quantità con un incremento del 11% della spesa.
Tra i principali mercati di sbocco spicca su tutti il dato degli Usa che in soli 7 mesi hanno già raggiunto i 2,5 milioni di ettolitri (+21%) per un incasso totale di oltre un miliardo (+19%).
In Germania al contrario si fa notare la battuta d’arresto in termini quantitativi ( -8%) accanto alla crescita in valore (+5%), che denota un cambiamento importante nella composizione del paniere con un maggior orientamento verso il prodotto imbottigliato rispetto allo sfuso.
L’uscita dalla Ue del Regno Unito, che resta una delle destinazioni più importanti per le bollicine Made in Italy, sta rendendo meno facile il cammino oltre manica delle nostre produzioni che arretrano infatti del 6% in volume, restando stabili in valore.
Bene in Francia, dove gli arrivi dall’Italia hanno fatto segnare un +3% in volume e un +17% in valore. Da rilevare inoltre che l’importante calo produttivo che si prospetta nella campagna in corso per il competitor transalpino potrebbe aprire ulteriori nuovi spazi alle bottiglie made in Italy presso i tradizionali mercati di sbocco.
In forte recupero anche gli invii in Svizzera (+5% gli ettolitri, +13% gli introiti), Canada (+4% +11%), Paesi Bassi (+15% , +17%) e Belgio (+27%, +31%), in un contesto estremamente positivo per le esportazioni verso la Cina ( rispettivamente +64%, +67%), e la Russia ( +42%, +39%).
Da segnalare infine la crescita a doppia cifra in un Paese esportatore come l’Australia (+16% in volume, +33% in valore), e tassi importanti in mercati come gli Emirati Arabi, Brasile, Vietnam, Singapore, Hong Kong.
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