ROMA – C’è tensione sui listini internazionali dei prodotti lattiero caseari, con rialzi anche a due cifre che hanno interessato negli ultimi mesi le principali commodity come burro e latte in polvere e, relativamente al mercato italiano, anche i più importanti formaggi Dop.
Nonostante il mercato abbia ripreso a tirare, trainato dalla vivace domanda cinese e dalla ripresa dei consumi fuori casa, il prezzo del latte alla stalla non è ancora sufficiente ad assorbire i forti rincari dei mangimi.
A sottolinearlo è l’Ismea nell’ultimo Tendenze sul mercato del latte e derivati (vai al link), proprio mentre in Italia si intensificano in queste ore gli sforzi per trovare un accordo sul prezzo del latte alla stalla, tra le associazioni degli agricoltori, l’industria e la grande distribuzione, riunite al tavolo nazionale coordinato dal Ministero delle politiche agricole.
Secondo il report Tendenze, le principali piazze di scambio europee – come emerge dai dati dell’Osservatorio del mercato del latte della Commissione Europea – continuano a essere interessate da una spinta rialzista dei prezzi, in un contesto globale di ripresa generalizzata dei listini. Tra i fattori in gioco a livello mondiale, oltre alla ripresa dei consumi anche la fiammata sui mercati delle materie prime per l’alimentazione degli animali che impattano sulle rese produttive e sulla redditività degli allevamenti.
Per quanto riguarda il contesto nazionale, sotto la spinta del buon andamento delle esportazioni (+11% in volume e +12,5% in valore nei primi sette mesi del 2021), grazie alle progressive riaperture post-Covid e alla rimozione dei dazi negli Stati Uniti, il mercato sta registrando una dinamica molto positiva.
Secondo le rilevazioni dell’Ismea, l’aggregato dei prodotti lattiero caseari ha registrato mediamente un incremento dei prezzi all’origine del 5,6% nei primi nove mesi del 2021 sul 2020, con punte del 13% per il segmento dei formaggi duri e del 16,5% per il burro, sulla scia delle dinamiche continentali. Tra i formaggi Dop a beneficiare della spinta rialzista sono stati soprattutto il Parmigiano Reggiano (+26% rispetto ai livelli di un anno fa) e il Grana Padano (+10%).
Nonostante le variazioni anche a doppia cifra registrate per i prodotti trasformati, il prezzo del latte alla stalla si è mediamente attestato a 37,3 €/100 litri (esclusi premi) nel periodo gennaio-agosto 2021, facendo registrare un recupero lieve rispetto allo stesso periodo del 2020 (+1,7%, pari a circa 60 cent/100 litri).
Una situazione che, sottolinea l’Istituto, risente della crescita della produzione nazionale di latte, con oltre 12 milioni di tonnellate nei primi sette mesi del 2021, che consentiranno presto all’Italia di essere completamente autosufficiente.
La situazione degli allevamenti nazionali si presenta pertanto molto critica, non solo sul fronte dei ricavi, ma anche sul fronte dei costi di produzione, considerando la spinta inflazionistica che ormai da diversi mesi sta interessando i prezzi delle materie prime destinate all’alimentazione delle bovine (mais e soia in primis).
I listini degli alimenti zootecnici sono cresciuti sensibilmente a partire dall’inizio del 2021, arrivando a toccare livelli tra i più alti degli ultimi dieci anni: i prezzi del mais a uso zootecnico sono passati da 198 €/ton di fine 2020 ai 277 €/ton di settembre 2021 (+40%), mentre per la soia sono passati da 431 €/ton a 664 €/ton (+26%).
Nel complesso l’Indice Ismea dei prezzi degli input produttivi per gli allevamenti bovini da latte segna un incremento del 5,8% nei primi nove mesi del 2021, proprio sotto la spinta dei mangimi (+8%) e dei prodotti energetici (+7%). A partire dall’autunno gli annunciati rincari dei prodotti energetici – carburanti e energia elettrica – potrebbero ulteriormente aggravare i bilanci delle aziende zootecniche italiane.