SIENA – Le Città del Vino plaudono al recente via libera della Ue sull’inserimento dei vitigni resistenti alle malattie fungine (PIWI: pilzwiderstandsfähig in tedesco).
Anche in Italia, dopo Germania e Francia sono anni che si sperimentano queste varietà di viti grazie a diversi progetti di ricerca in viticoltura, in Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. L’impiego di questi nuovi vitigni faciliterà il raggiungimento dell’obiettivo di riduzione del 50% dei fitofarmaci entro il 2030.
“Si tratta di vitigni definiti resistenti, tolleranti o super Bio perché si adattano alle condizioni climatiche e contrastano meglio le malattie fungine – commenta il neo Presidente di Città del Vino, Angelo Radica -. Oggi dobbiamo considerarli complementari al quadro ampelografico nazionale. I vini che si ottengono con queste varietà hanno caratteristiche organolettiche e qualitative buone, ma soprattutto ci permettono di agire in anticipo sulla natura offrendoci una soluzione efficace per una viticoltura eco-sostenibile, che comporta una riduzione della chimica ma anche dei passaggi tra i filari dei trattori per effettuare le irrorazioni”.
Trattamenti che in certe zone italiane con clima poco favorevole possono arrivare anche a una ventina l’anno, quindi ridurre si traduce in un minor impatto ambientale. Un tema sentito è anche quello della convivenza con gli abitanti delle zone rurali. Molto spesso nascono conflitti dovuti all’effetto deriva dei trattamenti antiparassitari nei pressi delle abitazioni, delle piste ciclabili, dei sentieri, etc. “Un impiego possibile di varietà resistenti potrebbe essere, appunto, quello di coltivarli nelle zone cuscinetto al limite dei luoghi sensibili – conclude Angelo Radica -. Ora che Bruxelles ha dato il via libera all’utilizzo di queste varietà resistenti e il loro inserimento nei disciplinari delle Doc le Città del Vino sosterranno gli enti, i consorzi e le associazioni che si attiveranno per inserirli nei disciplinari”.