ROMA – “E’ necessario continuare a lavorare per mettere in campo ogni possibile contromisura per arginare l’epidemia di Peste Suina Africana-PSA, che risulta fortunatamente circoscritta, ma che potrebbe portare in breve tempo alla paralisi della suinicoltura, che rappresenta un vero e proprio fiore all’occhiello del Made in Italy agroalimentare, con un valore di oltre 1,7 miliardi di euro e migliaia di lavoratori interessati”.
Lo ha sottolineato la Copagri, intervenendo alla riunione del Tavolo tecnico della filiera suinicola convocata dal Mipaaf per analizzare le strategie di intervento legate ai recenti casi di peste suina africana. “La situazione sembra essere al momento sotto controllo, in quanto l’epidemia di PSA, che non è trasmissibile all’uomo e che vede nel cinghiale il principale vettore di diffusione, appare decisamente contenuta”, ha osservato la Confederazione, ricordando che “l’esigua quantità di casi finora riscontrati – poco più di una ventina di animali, tutti allo stato selvatico – ha portato alla creazione di una zona infetta che interessa 114 comuni tra Piemonte e Liguria, dove sono presenti circa 8mila capi”.
“Tutto ciò non deve però far passare in secondo piano l’urgenza di intervenire, così da evitare il diffondersi di psicosi incontrollate e scongiurare quindi pesanti ripercussioni sul versante dell’export, come sta già accadendo con il Giappone, ma anche su quello dei consumi, fronte sul quale si registrano già i primi inspiegabili rifiuti da parte di alcuni macelli a lavorare il prodotto proveniente dal Piemonte”, ha continuato la Copagri, spiegando che “la necessità di fare presto è legata anche all’arrivo della bella stagione, nella quale i cinghiali arrivano a percorrere anche 40 km al giorno, con il rischio concreto di vedere quindi l’epidemia arrivare rapidamente in Emilia-Romagna o in Lombardia, dove sono presenti milioni di capi”.
“Avanti quindi con le attività di monitoraggio, sfruttando tutte le possibilità offerte dalle nuove tecnologie per la segnalazione di capi infetti e lo scambio di informazioni, andando al contempo a individuare tutte le necessarie misure per contenere l’avanzata dell’epidemia, puntando ad esempio sull’utilizzo di recinzioni a doppia barriera, e per ridurre la popolazione dei cinghiali, salvaguardandone la biodiversità, attraverso dei prelievi selettivi, la gestione dei varchi e il controllo degli accessi”, ha suggerito la Confederazione.
“Sotto altro profilo, occorre valutare la possibilità di mettere in campo ulteriori risorse per sostenere gli allevamenti colpiti dall’epidemia e dalle misure adottate dal Ministero della Salute per contenerla, incrementando i fondi già positivamente stanziati con il cosiddetto Decreto ristori ter, col quale sono stati messi in campo 35 milioni di euro”, ha concluso la Copagri.