ROMA – Gli aumenti dei prezzi della pasta (+10,8%) dipendono principalmente dall’impennata senza precedenti dei costi di energia, trasporti e gasolio. Le carte vincenti a disposizione degli agricoltori italiani per vincere le sfide del futuro sono qualità e origine del prodotto. È quanto sostiene CAI – Consorzi Agrari d’Italia, primo hub della produzione organizzata del Paese, che ha presentato in un webinar i dati sulle campagne di grano, mais e soia appena trascorse e le primissime ipotesi su ciò che potrebbe accadere nei prossimi mesi.
Per quel che riguarda il grano duro, utilizzato per la pasta, è noto come il mercato italiano sia fortemente influenzato dal Canada (da cui importiamo quasi la metà del prodotto) che quest’anno ha chiuso la sua produzione a 2,7 milioni di tonnellate, segnando un -60% netto. Gli Stati Uniti si attestano a 1 milione di tonnellate di grano duro prodotto, in calo del 52,63%. In base alle prime stime del Ministero dell’Agricoltura canadese la produzione di grano duro tornerà quasi sui livelli di due anni fa, attestandosi su 5,5 milioni di tonnellate, salvo condizioni meteo avverse nei prossimi mesi.
Tuttavia, i bassi stock di magazzino presenti, uniti alle scarse produzioni dei Paesi del Nordafrica, che spingerà gli stessi a importare più prodotto, terranno ancora per un buon periodo i prezzi del grano duro in linea sui livelli di quest’anno. Nello scenario globale, un ruolo predominante spetta alla Cina, che ha aumentato le sue importazioni di grano (da 4 a 10 milioni di tonnellate), mais (da 4 a 26 milioni di tonnellate) e soia (da 82 a 100 milioni di tonnellate), contribuendo ad abbassare gli stock presenti e a tenere costanti i prezzi.
Secondo le prime proiezioni Cai, gli agricoltori italiani hanno aumentato la superficie coltivata a grano duro, nonostante siano alle prese con gli aumenti dei costi di produzione causati dai rincari energetici. Per il grano tenero i bassi stock nel mondo e la domanda internazionale dovrebbero sostenere le quotazioni sia del vecchio sia del nuovo raccolto, mentre anche i prezzi di mais e soia potrebbero non subire scostamenti importanti.
“Il messaggio che vogliamo lanciare è molto semplice: investire in produzioni di qualità, garantite dall’origine italiana del prodotto, conviene perché i prezzi dovrebbero restare in linea con quelli attuali – spiega Gianluca Lelli, amministratore delegato di CAI -. Ci potrebbero essere, di conseguenza, le condizioni per aumentare la portata dei contratti di filiera per consentire di distribuire equamente il valore commerciale lungo tutta la catena, dal produttore all’industria”.