ROMA – Prosegue la corsa dell’export italiano di vino nel 2021, con un +12,6% nei primi 11 mesi e una prospettiva record di chiusura d’anno a 7,1 miliardi di euro. Complice, secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly, una “revenge spending” nei Paesi terzi che ha visto assoluti protagonisti gli spumanti italiani. Sugli scudi, nell’analisi realizzata sull’export extra-Ue nei 12 mesi dello scorso anno, il mercato statunitense che ha visto lievitare di 1/3 la domanda a valore, con il Prosecco addirittura a +43%.
Ma non è solo il primo mercato al mondo, dove anche lo champagne ha registrato nel post-lockdown una crescita di oltre il 50%, a registrare il boom di spumante nei calici: in Cina, notoriamente consumatrice rossista, l’incidenza degli sparkling sui consumi globali è quasi raddoppiata, con il Prosecco che vola a +117% e con un export degli spumanti italiani in crescita del 33%. Per l’Osservatorio di Unione italiana vini e Vinitaly, gli sparkling tricolore volano anche in Canada (+23%), Svizzera (+11%) e Giappone (+5%).
Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani: “La categoria che più ha sofferto l’emergenza ora è diventata il vero simbolo della reazione post lockdown. Ma non è da sottovalutare nemmeno la performance di capisaldi della nostra produzione come i rossi Dop piemontesi e toscani, che hanno chiuso l’anno negli Usa rispettivamente a +32% e a +26%, o i rossi siciliani che crescono in Canada del 52%. Due tra i Paesi maggiormente rappresentati attesi al prossimo Vinitaly, in programma dal 10 al 13 aprile”.
Per il segretario generale di Unione italiana vini, Paolo Castelletti: “Gli spumanti del Belpaese si avviano a chiudere l’anno con un incremento del 30%. Su questa scia, trainata in particolare dal Prosecco, ci attendiamo una crescita anche di altre denominazioni di un fenomeno – quello delle bollicine – che presto supererà la soglia di un miliardo di bottiglie l’anno. Detto questo servirà fare attenzione al 2022, che si è aperto con insidie da non sottovalutare, a partire dal caro prezzi dato dall’escalation dei costi energetici fino all’attacco al vino sul fronte salutistico, basato su studi semplicistici che non possiamo condividere”.