VERONA – Sempre più sostenibile, attenta all’ambiente e al benessere animale, perfettibile, ma orientata a tutelare il reddito degli agricoltori, garantire la sicurezza alimentare e la qualità delle produzioni, affrontare le sfide climatiche e accompagnare l’innovazione e la tecnologia. La Politica agricola comune taglia il traguardo dei primi 60 anni di vita e dalla Gran Guardia di Verona guarda al 2050, in occasione della 115ª edizione di Fieragricola, rassegna internazionale dell’agricoltura con oltre 520 espositori da 11 Paesi, delegazioni da 29 paesi e un’offerta trasversale dedicata a meccanica agricola, zootecnia, energie rinnovabili, vigneto e frutteto, servizi, al via domani a Veronafiere fino a sabato.
Ad inaugurare la manifestazione il Summit internazionale «Sessant’anni di Politica agricola comune: quali sfide per la Pac? La vision al 2050». Una giornata di riflessione dedicata alla prima politica di aggregazione dell’Europa unita, in vista della riforma che entrerà in vigore a partire dal prossimo gennaio. Nella sessione del mattino, moderata dal direttore del TG2, Gennaro Sangiuliano, si sono confrontati istituzioni e big player della meccanica, della zootecnia, delle agro-energie e della chimica. Oltre al messaggio della presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, sono intervenuti: Maurizio Danese, presidente di Veronafiere; Federico Sboarina, sindaco di Verona; Stefano Patuanelli, ministro delle Politiche agricole; Herbert Dorfmann, deputato del Parlamento europeo; Paolo De Castro, deputato del Parlamento europeo; Maciej Golubiewski, capo di gabinetto della Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale della Ue; Pekka Pesonen, segretario generale Copa-Cogeca; Luigi Scordamaglia, Ceo Inalca/Filiera Italia; Manuel Scalzotto, presidente della Provincia di Verona; Federico Caner, assessore all’Agricoltura della Regione Veneto.
Di seguito i principali interventi dei lavori della mattinata.
Maurizio Danese, presidente di Veronafiere. «Con questo evento internazionale dedicato ai primi 60 anni della Pac, la Politica agricola comune, di fatto inauguriamo la 115ª edizione di Fieragricola, la rassegna internazionale dell’agricoltura di Verona. Grazie alla Pac abbiamo sostenuto la crescita agricola e alimentare dell’Europa, che è stata indubitabilmente una delle chiavi di volta per costruire la crescita economica e sociale dell’Unione, rafforzando le radici culturali comuni e costruendo una moneta unica per molti Stati membri. Se vogliamo un’Europa più forte, sono convinto che si debba puntare a rafforzare le radici agricole, tenendo presente le necessità del nostro tempo e di un tempo futuro: garantire una produzione di cibo crescente, aumentare le rese in campo e la competitività delle imprese agricole e delle catene di approvvigionamento, contrastare i cambiamenti climatici, tutelare l’ambiente, la biodiversità e il paesaggio, sostenere il ricambio generazionale, sviluppare aree rurali dinamiche, proteggere la qualità dell’alimentazione e della salute, tutti obiettivi che la riforma della Pac che entrerà in vigore dal prossimo gennaio ha in agenda.
Dobbiamo su queste premesse guardare avanti, consapevoli che non esiste una Politica agricola comune perfetta per tutti e per sempre, ma ritengo sia impegno delle istituzioni, del mondo agricolo, della scienza e anche di una manifestazione storica e riconosciuta come Fieragricola, che molto ha dato all’agricoltura, cercare di favorire il dialogo, l’innovazione, la crescita e contribuire agli scambi non soltanto commerciali, ma anche culturali.
Perché è responsabilità di tutti noi coltivare la crescita e la pace, per la tutela degli oltre 510 milioni di europei che vivono entro i confini dell’Unione europea».
Stefano Patuanelli, ministro delle Politiche agricole. «Stavamo uscendo dalla pandemia e ora stiamo precipitando in un conflitto dai confini incerti e con prospettive non facili da prevedere. Nonostante la non positività del momento, l’agricoltura gioca un ruolo strategico; non a caso la Pac è stata elemento di unione dell’Europa fin dalla sua fondazione. Siamo davanti a una grande sfida che deriva dall’opportunità di rinnovamento delle filiere produttive, in particolare dell’agroalimentare. L’innovazione è il cavallo attraverso il quale cavalcare le praterie dell’agricoltura per i prossimi 40 anni. Solo attraverso l’innovazione potremo produrre cibo, garantire sicurezza alimentare a tutte le popolazioni europee nel rispetto dell’ambiente, riducendo gli sprechi energetici e il consumo di fonti non rinnovabili. In questo contest, la Pac è uno strumento fondamentale che deve essere aggiornato costantemente per garantire competitività all’agricoltura. L’altro tema, oltre all’innovazione, è quello dell’energia che nel settore agricolo può diventare un reddito aggiuntivo per gli imprenditori. Su questo il PNRR prevede ingenti risorse: 1,5 miliardi di euro per l’agrisolare e 1,1 miliardi di euro per l’agrivoltaico».
Herbert Dorfmann, deputato Parlamento europeo. «Sessant’anni di Pac non sono solo 60 anni di politica agricola, ma sono 60 anni di Unione Europea, con il ruolo fondamentale di garantire la sicurezza alimentare in un momento in cui ancora si soffriva la fame nel continente. Le sfide del futuro saranno quelle della sostenibilità e dell’intensività oltre che quella di garantire redditività agli agricoltori, perché senza un’adeguata remunerazione non potremo assicurare quel ricambio generazionale che è necessario per rafforzare il settore primario. Abbiamo un grande problema sulla distribuzione del valore; se penso al mio territorio (l’Alto Adige, ndr) e guardo a quanto vengono pagate le mele, che rappresentano circa il 50% della produzione nazionale di mele biologiche in Italia, noto che c’è un fallimento di mercato della catena alimentare se le mele costano 1 euro al chilogrammo e poi vengono vendute a Bruxelles a 2,99 euro al chilo».
Paolo De Castro, deputato Parlamento europeo. «Oggi celebriamo i primi 60 anni della Politica agricola che ha fatto l’Europa, con un contributo a unire quei 10 milioni di agricoltori, che è stato un passaggio cruciale per il nostro continente per assicurare innanzitutto la produzione agricola e la tutela del reddito degli agricoltori, per poi evolversi verso nuove esigenze e nuove sensibilità che oggi sono di tipo ambientale, sociale, di benessere animale. La nuova Pac che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2023 rappresenta una sintesi della dimensione ambientale, economica e sociale, anche attraverso una maggiore responsabilizzazione degli Stati membri attraverso il Piano strategico nazionale. L’Italia può contare su un’agricoltura che per molti aspetti è più avanti rispetto al resto dell’Europa per qualità, specificità, valore aggiunto, per indicazioni geografiche, ma anche per il minore impatto della chimica e per l’agricoltura biologica che è fra le più dinamiche del continente. Abbiamo una sfida davanti: cercare di riannodare i fili nel rapporto con la società. L’agricoltura deve essere considerata di più protagonista delle grandi sfide, perché ha i numeri e la forza per dare risposte. Anche dal punto di vista energetico, con la crisi ucraina che ha messo in luce la fragilità dell’Europa e in particolare dell’Italia su questo fronte, ritengo che l’agricoltura possa ancora una volta giocare un ruolo straordinario per applicare le tecnologie ed essere autosufficienti dal punto di vista energetico».
Maciej Golubiewski, capo di gabinetto della Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale della Ue. «È grazie agli agricoltori se oggi abbiamo raggiunto la sicurezza alimentare ed è importante riconoscere il valore degli agricoltori e il ruolo centrale della Politica agricola comune. Oggi ci troviamo di fronte nuove sfide, come quella legata ai cambiamenti climatici, ma come ha ricordato la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, la parte più significativa è la resilienza, per rendere le aziende agricole più resistenti alla crisi. In questo contesto diventare più sostenibili automaticamente ci rende anche più resilienti, perché dobbiamo coltivare in maniera responsabile
La nuova Pac, che entrerà in vigore con il prossimo anno, aiuta a prestare attenzione ai mercati locali e a focalizzarsi sull’agricoltura dei nostri paesi, per avere allo stesso tempo produttività e qualità, senza rinunciare alla sostenibilità. L’Italia in questo ha grandi opportunità, perché è responsabile del 18% del valore aggiunto dell’agricoltura europea».
Pecca Pesonen, segretario generale Copa-Cogeca. «Dobbiamo guardare avanti e dobbiamo investire a livello europeo in infrastrutture che rendono disponibili le informazioni agli agricoltori. Dobbiamo ribadire l’importanza della transizione ecologia e modificare il modo di pensare, tenendo però sempre presente la transizione sociale ed economica, riconoscendo il ruolo delle produzioni locali di qualità e dell’agricoltura a conduzione familiare, che è un modello dinamico e non immutabile nel tempo. Solo coniugando la transizione ecologica e la transizione economica e sociale potremo garantire un futuro ai giovani in agricoltura».
Luigi Scordamaglia, Ceo Inalca/Filiera Italia. «La crisi Ucraina-Russia ci ha presentato il nostro paese nudo, completamente sprovvisto di una politica energetica, perchè negli ultimi 20 anni abbiamo sistematicamente creduto che bastasse non trivellare, non aprire le tap, non aprire i gasdotti, non fare i rigassificatori e affidarsi completamente a un approvvigionamento esterno di energia. Risultato: siamo totalmente dipendenti dall’estero e scopriamo che non è così facile cambiare. La stessa cosa sta accadendo per la produzione agroalimentare. Oggi vediamo che quell’area di mondo che controlla un terzo della produzione di grano, il 20% del mais e l’80% dell’olio di girasole mette in crisi il sistema di food security globale, fa aumentare i prezzi che esplodono anche a casa nostra dove abbiamo trascurato il concetto di sicurezza e sovranità alimentare. Nell’agroalimentare non possiamo fare lo stesso errore che abbiamo fatto con Russia sull’energia. La Pac è stato uno strumento fondamentale e lo sarà ancora di più in futuro; l’aver messo la filiera al centro della Politica agricola comune è fondamentale. Nel PNRR abbiamo 1,2 miliardi di euro per le filiere e 1,92 miliardi di euro per il biogas che è la vera risposta per l’austerity dei paesi. Ma non è sufficiente se poi il 91% dei programmi di investimento di biogas presentati nel 2017 sono fermi in attesa di autorizzazioni. La burocrazia può vanificare tutto».