VERONA – «La suinicoltura italiana deve segmentare l’offerta e, prima ancora di operare in tale direzione, le filiere dovrebbero indagare quali sono le tendenze del consumo e, sulla base di tali indicazioni, modulare la produzione. Ritengo che ci siano spazi di differenziazione sia all’interno delle Dop sia nell’ambito delle produzioni non Dop, così da ampliare il ventaglio dei prodotti».
Dalla 115esima Fieragricola di Verona – rassegna internazionale di agricoltura in programma fino a domani – il professor Gabriele Canali, economista agrario dell’Università Cattolica di Piacenza e direttore del Centro di ricerca delle filiere suinicole (Crefis), indica una possibile rotta per restituire redditività a una filiera oggi sotto pressione per i costi energetici, la logistica, i trasporti, l’incremento dei prezzi dei mangimi in questa fase esasperati dalla guerra in Ucraina.
Allevatori sotto pressione
In questa fase l’indice di redditività degli allevamenti a ciclo chiuso elaborato dal Crefis è in sofferenza, per le quotazioni dei suini in diminuzione e le pressioni dei costi delle materie prime, con parametri negativi tanto su base congiunturale (-5,9%) che tendenziale (-2,7
per cento). Osservando l’elaborazione di Teseo sul costo simulato del suino al chilogrammo al 4 marzo, il valore è di 1,58 €/kg, contro una quotazione per il suino grasso da macello in Commissione unica nazionale del circuito tutelato di 1,42 €/kg (ultima quotazione disponibile, non essendo stato formulato il prezzo nella seduta di ieri, 3 marzo, ndr).
In questa fase, insomma, i produttori di suini sono economicamente in sofferenza. Attenzione ai consumi. Offrire al mercato una maggiore possibilità di scelta può stimolare la ripresa dei consumi, in una fase in cui il potere di acquisto delle famiglie è in parte eroso dall’aumento dell’inflazione.
Come diversificare
«Il sistema delle Denominazioni di origine protetta deve essere considerato uno standard minimo comune, all’interno del quale vi sono ampi margini di differenziazione delle produzioni», specifica il professor Canali. Genetica, alimentazione, biologico, età di allevamento dell’animale sono alcuni degli esempi e delle opportunità da seguire.
«Già oggi molti brand all’interno della Dop offrono prodotti differenti, perché i consumatori hanno esigenze diverse – prosegue -. I consumatori tradizionali e quelli giovani hanno gusti diversi, la filiera non può pensare che un’offerta unica possa soddisfare tutti, perché il rischio è quello di saturare il mercato e affossare un settore che per le caratteristiche che ha è unico al mondo».
Sostenibilità ambientale e redditività
La suinicoltura dovrà tenere presente che l’attenzione all’ambiente sarà sempre più un driver. Attenzione anche al carico zootecnico e alla pressione ambientale. «Dobbiamo valutare l’impatto e tenere presente che dobbiamo accedere al mercato internazionale delle materie prime per l’alimentazione dei capi e in questa fase non è un aspetto banale – osserva il direttore del Crefis –. Molto meglio strutturare filiere in grado di dare redditività e
poi, se ci sono le risposte dei consumatori, rafforzarle».