VENEZIA – Prosegue la corsa verso l’alto dei futures relativi alle principali materie prime agricole.
Sulla Borsa merci di Chicago, quella di riferimento mondiale: i futures sul frumento, del quale l’Ucraina è uno dei maggiori esportatori mondiali, crescono del 7%, toccando quotazioni da record storico. Vola anche il mais e la soia, ai massimi dal 2013.
A sottolinearlo è Confagricoltura Veneto. Una corsa che sembra inarrestabile tanto da allarmare ancora di più gli allevatori e la stessa industria mangimistica, che ha chiesto di aumentare le semine di mais nel nostro Paese di almeno 70-80.000 ettari per recuperare il prevedibile calo di importazione dall’Ucraina.
Sull’andamento delle quotazioni incide prima di tutto il blocco dell’attività nei porti dell’Ucraina. Fra gennaio e novembre dello scorso anno l’Italia ha importato dall’Ucraina circa 733.000 tonnellate di cereali, prevalentemente mais (600.000 tonnellate, pari al 13% degli acquisti internazionali), su un totale di 4,6 milioni di tonnellate di import cerealicolo nazionale (dati elaborati da Teseo.Clal.it). Poco meno di 100.000 tonnellate di mais arrivano in Italia dalla Russia, mentre i principali fornitori sono Ungheria, Ucraina, Slovenia, Croazia, Austria e Romania. Con 6,79 milioni di tonnellate di mais prodotte nel 2020-2021, l’Italia ha un tasso di autoapprovvigionamento del mais pari al 55%.
Alla cerimonia di apertura del Salone Internazionale dell’Agricoltura, in corso a Parigi, il presidente francese Macron ha annunciato un piano di resilienza per l’agricoltura in ambito europeo e nazionale, per arginare l’impatto della crisi in atto.
Ad avviso di Confagricoltura il piano dovrebbe puntare in due direzioni: sostenere i redditi degli agricoltori danneggiati dalla forte crescita dei costi di produzione e salvaguardare il potenziale produttivo del sistema agroalimentare europeo. L’Unione Europea, nella sostanza, dovrebbe dare ossigeno alla produzione agricola e non continuare ad aggiungere ostacoli normativi e limitazioni alle tecniche produttive che non fanno altro che deprimere la produttività e la competitività a livello globale delle nostre aziende.
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