ROMA – La crescita dei costi di produzione, a partire da quelli della fase zootecnica che nei primi due mesi del 2022 registrano un +12,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, passando per quelli di energia e gas quadruplicati nel 1° bimestre dell’anno in corso rispetto allo stesso periodo 2021 e per tutti i cosiddetti costi accessori di produzione (plastica, pallet, cartoni, trasporti ecc.), mette a dura prova il settore avicolo e quello suinicolo che fanno i conti anche con le conseguenze della crisi ucraina e l’impegno verso una transizione ecologica in linea con le richieste dell’Ue e del Green Deal. Assica e Unaitalia analizzano le criticità del momento alla luce dei risultati del rapporto Censis “Per il buon uso del recovery fund nel rilancio delle filiere della carne”. Il documento, presentato oggi nella sala Stampa Estera a Roma, certifica le reali aspettative dei consumatori alla luce degli effetti economici e sociali delle emergenze e della crescente centralità della sostenibilità ambientale.
Il rapporto evidenzia come la maggioranza degli italiani consideri la carne parte integrante della propria alimentazione, sia attento alla sostenibilità purché senza maggiori costi e tema di perdere capacità di acquisto. Per questo, la transizione ecologica – secondo Assica e Unaitalia – deve essere ben programmata, per evitare di mettere a rischio due comparti strategici dell’agroalimentare da 13,9 miliardi di euro e 93.900 addetti, che assicurano ogni giorno beni di prima necessità ai cittadini. Ma anche per evitare che l’inflazione (a marzo +6,7% su base annua – stime Istat) e i costi della transizione si ripercuotano sui consumatori che – come emerge dal rapporto – sentono già minacciato dalle emergenze il proprio potere di acquisto (78%). Il 94,5% ritiene necessario dare molta più attenzione alla sostenibilità sociale ampiamente intesa, come benessere delle persone e condizioni dei lavoratori. Per il 63,6% degli italiani, infatti, prima di passare alle energie verdi e rinnovabili occorre valutarne il costo per imprese e famiglie. E per il 54,9% oggi la priorità è contenere il prezzo dell’energia.
Secondo i dati del Censis, le reiterate campagne denigratorie sulla carne non scalfiscono il buonsenso degli italiani: l’82,5% dichiara esplicitamente che la giusta quantità di carne bianca e rossa è componente fondamentale di una buona dieta e perché parte della dieta mediterranea. E il 64,9% non si fa condizionare da eventuali informazioni negative o fake news sul tema. “La reiterazione incessante di semplificazioni e infondatezze su produzione e consumo di carne – afferma il dg Censis Valerii – non fa breccia nel corpo sociale, e ne sono più impermeabili i giovani (67,9%) ed i laureati (67,3%). Di fatto, la maggioranza degli italiani si è formata una propria idea sulla produzione e consumo di carne che resiste ai condizionamenti esterni ed alla proliferazione di informazioni negative. Così, il 61,3% è contrario all’idea che si debba smettere di produrre carne e chiudere gli allevamenti perché così si salverebbe il pianeta dal riscaldamento globale: il 30,6% la considera una delle tante fake news che circolano sul settore e per un ulteriore 30,7% è una minaccia perché si colpisce un intero settore e un alimento importante. Solo il 25% – conclude Valerii – ritiene veritiero il nesso tra allevamenti e produzione di carne e riscaldamento globale, mentre il 13,7% non ha una opinione precisa in merito”.
Oggi il 96,5% dei cittadini dichiara di mangiare carne, di cui il 45,9% regolarmente ed il 50,6% di tanto in tanto. Gli italiani sono inoltre consapevoli che la filiera della carne si è evoluta e modernizzata: nessuno è convinto di mangiar carne con le stesse caratteristiche di quella di 30 anni fa. A sorpresa, a mangiare con regolarità carne sono soprattutto i giovani (62,8%) con quota più alta di quella di anziani (30%) e adulti tra i 35 e il 64 anni (47,7%).
No alle presunte alternative. Per il 79,9% degli italiani la carne fatta con prodotti vegetali non può essere considerata carne: per questo vogliono che siano proposti chiaramente come prodotti distinti e diversi da quelli della carne. Lo sforzo promozionale per la carne prodotta in laboratorio – secondo Censis – non conquista quindi gli italiani: l’85,6% dichiara di non volere cibi fatti in laboratorio, ma da agricoltura e allevamenti tradizionali. Altra alternativa che non convince sono gli insetti, con l’83,9% che non è disposto a mangiarli.
Gli italiani non vogliono ambiguità lessicali e informative: per il 93,4% occorre sempre distinguere in modo inequivocabile nelle etichette i prodotti di carne da animali allevati in modo tradizionale e quelli di carne sintetica creata in laboratorio. Importante l’economia circolare: il 90,5% valuta positivamente le imprese e i prodotti che utilizzano materiali che possono essere recuperati e riciclati. Un fattore comune a tutti i livelli d’istruzione è infine conoscere la provenienza della carne che si consuma e il benessere animale: il 94,1% per i prodotti della carne vuole indicazioni su provenienza e trattamento degli animali, indipendentemente dal titolo di studio.