VENEZIA – Tornano le “rosse” del Veneto, con una qualità eccellente e una buona quantità.
Il freddo non ha frenato la maturazione delle fragole, consentendo nei giorni scorsi la partenza regolare nel Basso ed Est Veronese, dove si concentra l’80 per cento della produzione regionale, così come nelle campagne del resto del Veneto.
La domanda di prodotto sul mercato c’è, ma le note dolenti, come accade da qualche anno, giungono dal fronte della manodopera, che è carente.
“L’inizio della raccolta è in linea con gli altri anni e le temperature fresche stanno favorendo una maturazione equilibrata e graduale delle fragole – spiega Damiano Valerio, azienda a Raldon, referente per il prodotto di Confagricoltura Verona -. I frutti sono grandi e dolci, le varietà richieste sono la Clery, molto apprezzata dai Paesi nordici, la saporita Sibilla e l’Anthea. Molte aziende coltivano anche varietà rifiorenti come l’Elsanta, che andranno avanti fino a fine giugno. Abbiamo fatto passi da gigante sul fronte qualitativo. Utilizziamo agrofarmaci a basso impatto ambientale, che ci consentono di avere un prodotto a residuo quasi pari a zero, come attestano le analisi di cui siamo in possesso. Il mercato sta andando bene. Siamo avvantaggiati dai problemi legati al meteo sia del Sud Italia che della Spagna, che stanno producendo meno fragole rispetto ai loro standard. Anche l’Olanda è in ritardo, in quanto, data l’impennata dei costi energetici, tanti produttori hanno deciso di posticipare il periodo della coltivazione in serra”.
I prezzi per ora sono soddisfacenti, con le fragole vendute tra i 4 e i 5 euro al chilo. “È ancora presto per sapere quanto prenderemo noi produttori, ma non dovremo andare sotto ai 2,5 euro al chilo per avere una redditività in linea con le scorse annate – dice Valerio -. I costi degli imballaggi sono aumentati del 40 per cento tra nylon, cassette, cestelli, vaschette e vassoi. E abbiamo il problema dell’approvvigionamento, perché la guerra in Ucraina ha creato squilibri sul mercato e il reperimento della plastica è difficoltoso. Inoltre dobbiamo mettere nel conto il gasolio agricolo e i concimi. Infine, registriamo le consuete carenze di braccianti. Le aziende frutticole si sono attrezzate con operai romeni, indiani e pakistani, ma a breve la raccolta entrerà nel vivo e avremo necessità di manodopera, che non sarà facile reperire”.
Dalla provincia di Rovigo una voce positiva è quella di Sofia Michieli, giovane produttrice di Confagricoltura, che ha creato una serra con un innovativo sistema fuori suolo, che razionalizza l’acqua, migliora la qualità del lavoro e consente di raddoppiare la produzione. Ogni anno sono 400 i quintali raccolti, da aprile a novembre, grazie a varietà rifiorenti che garantiscono frutti anche in autunno. “Inizieremo a raccogliere il 25 aprile e siamo fiduciosi, perché i frutti sono molto belli e non ci sono stati danni da gelate. In Polesine quella delle fragole è una coltura emergente, ma che sta appassionando molte aziende perché ci sono possibilità di crescita e sviluppo. Noi coltiviamo i frutti in regime di lotta integrata, con mezzi di lotta biologica e lancio degli insetti utili e abbiamo molti altri progetti per diventare sempre più sostenibili, ad esempio razionalizzando l’utilizzo dell’acqua. Non abbiamo risentito dei costi energetici perché le nostre serre non sono riscaldate e illuminate, e neppure del rincaro della plastica perché non la usiamo. La pandemia e il conflitto ucraino hanno creato molta incertezza sul mercato, ma l’anno scorso è stato soddisfacente per i prezzi e ci auguriamo che questo non sia da meno”.
In Italia sono 4.100 gli ettari coltivati a fragole, di cui 2.600 al Sud concentrati soprattutto tra Basilicata e Campania. In Veneto la superficie investita è di 360 ettari, concentrati per l’80% nella provincia di Verona, che conta circa 290 ettari e una raccolta annua di 50.000 quintali di prodotto.