BOLOGNA – Una maggiore resistenza a parassiti e malattie delle piante di cui ci nutriamo, una maggiore tolleranza alla siccità, ai periodi di freddo e alle piogge abbondanti sono i bisogni emergenti ai quali la ricerca sui semi lavora con sempre maggiore attenzione negli ultimi anni. In occasione della Giornata della Terra, Assosementi, l’associazione che riunisce le aziende sementiere italiane, ricorda che già oggi il settore destina alla ricerca in media tra il 10 e il 12% del fatturato, con punte del 20%.
“Puntare sulla ricerca genetica e in particolare sulle NGTs (New Genomic Techniques) è il modo migliore di rispondere all’appello lanciato in occasione della Giornata della Terra che è dedicata quest’anno agli investimenti con il titolo Invest in Our Planet, ha commentato Giuseppe Carli, presidente di Assosementi. Per realizzare questo obiettivo l’Europa ha urgentemente bisogno di un quadro normativo chiaro che incentivi l’innovazione vegetale e consenta di realizzare investimenti con una prospettiva di medio e lungo termine”.
Secondo lo studio realizzato per Euroseeds dalla società di ricerca HFFA Research*, è necessario che l’Europa colmi il divario tra la crescita della domanda globale di cibo ben oltre il 2% per cento all’anno e la crescita media delle rese nell’UE di circa l’1,2% all’anno. Per soddisfare la domanda futura, la ricerca genetica europea deve dunque colmare questo divario limitando al tempo stesso l’impatto ambientale delle colture. Una delle strategie per farlo è di ridurre il più possibile le perdite prima o durante il raccolto con piante sempre più resistenti e capaci di adattarsi.
In assenza del miglioramento genetico delle principali colture agrarie che si è avuto in Europa negli ultimi 20 anni, la superficie agricola coltivata nel 2020 avrebbe dovuto essere ampliata di oltre 21,5 milioni di ettari. La ricerca sementiera ha così contribuito a preservare gli habitat naturali e a ridurre le emissioni di gas serra derivanti da un’espansione delle superfici agricole. Il miglioramento genetico delle piante nell’UE ha infatti evitato cambiamenti della destinazione d’uso dei terreni, nonché l’emissione diretta di quasi 4 miliardi di tonnellate di C02.