ROMA – La strada che porta a una maggiore autosufficienza alimentare è ancora lunga e richiede un drastico cambiamento di rotta rispetto alla tendenza registrata negli ultimi decenni – dichiara Andrea Michele Tiso, presidente nazionale Confeuro. Secondo le stime più recenti, negli ultimi 25 anni l’Italia ha perso il 28% dei propri terreni a causa dell’effetto combinato dell’abbandono delle terre e della cementificazione. La superficie agricola utilizzabile si è così ridotta a soli 12,8 milioni di ettari.
Nell’attuale congiuntura, in molti hanno auspicato un ritorno alla terra per diminuire la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento delle derrate essenziali – continua Tiso di Confeuro. Aumentare la superficie coltivata e svincolarsi, per quanto possibile, dalle oscillazioni dei mercati internazionali è importante sia sotto il profilo della sicurezza alimentare, sia dal punto di vista politico per poter prendere decisioni autonome.
Dalla soia al mais, dalla carne all’orzo, sono molti i prodotti per i quali dipendiamo dalle produzioni estere. Diventare più autonomi non significa tentare di raggiungere un’anacronistica autarchia, ma stabilire rapporti economici più equilibrati con gli altri Paesi e sviluppare appieno il potenziale della nostra agricoltura. Un cambiamento di questo tipo non può prescindere dall’abbandono dei vecchi metodi di produzione agroindustriali, che oltre a danneggiare l’ambiente hanno promosso l’estrema specializzazione e le monocolture, dando vita a una rete di interdipendenze che di fronte alla crisi internazionale ha mostrato tutta la sua fragilità.