ROMA – 50 milioni di indennizzi garantiti e immediati per sostenere le aziende colpite e il settore suinicolo nazionale, oltre a quelli già stanziati dal Governo, ma ancora non liquidati.
Questo l’appello urgente di Cia-Agricoltori Italiani, mentre il virus della Peste suina africana (PSA) continua a dilagare nel Centro Italia.
“Si sta perdendo tempo prezioso, i piani di abbattimento della fauna selvatica vanno a rilento nel Nord Ovest -solo 2mila ungulati sui 50mila stimati- e a Roma non sono neppure cominciati. Nel frattempo, le aziende colpite non hanno ancora ricevuto un euro di indennizzi, in un momento di generale crisi di redditività per la suinicoltura, per i forti rincari energetici e il prezzo del mais alle stelle”.
Questo il commento del presidente nazionale Cia, Cristiano Fini, dopo il ritrovamento dei primi due suini infetti in Italia, che potrebbero portare Bruxelles a dichiarare la temuta fase 3 dell’emergenza, con il passaggio del virus dal cinghiale al maiale domestico.
Cristiano Fini chiede, dunque, al Governo un intervento deciso sul piano di abbattimenti dei cinghiali, non più rimandabile e auspica in questa fase un maggiore coinvolgimento delle associazioni agricole. Sul versante dei ristori, Fini non ritiene assolutamente sufficienti i 25 milioni stanziati dal Decreto governativo per indennizzare gli allevatori, dopo i primi casi rinvenuti in Piemonte e Liguria. Queste risorse non potranno bastare ora che la PSA ha colpito altri due importanti areali a Roma e nel reatino (circa 2mila aziende) e minaccia pericolosamente Umbria, Abruzzo e Toscana. Gli allevatori di suini dovranno, infatti, bloccare la loro attività per almeno sei mesi, con la macellazione cautelativa e il divieto di ripopolamento delle stalle. Al danno per la zootecnia si aggiunge lo stop alla commercializzazione dei foraggi (paglia, fieno) per gli agricoltori in tutte queste zone rosse (si stimano almeno 10 milioni di mancato reddito).
“Anche le altre risorse stanziate dal Governo per le misure di biosicurezza negli allevamenti sono da implementare con urgenza -dichiara Fini-. Senza considerare il rischio che il ritrovamento dei primi suini infetti possa indurre Bruxelles a chiedere all’Italia un severo incremento di tali misure. Questo potrebbe riguardare non solo le aziende delle zone rosse in Piemonte, Liguria e Lazio, ma tutti i 132mila allevamenti suinicoli sul territorio italiano, con un danno incalcolabile per il settore”.
“Il Governo metta in campo tutti gli strumenti a disposizione della struttura commissariale -conclude Fini- prima che metta a repentaglio tutto il comparto suinicolo nazionale, da cui dipendono 11 miliardi di fatturato e 70mila addetti nella filiera delle carni suine, punta di diamante del Made in Italy. Sono a rischio 21 Dop e 12 Igp che rendono la nostra salumeria unica al mondo, con un valore annuo complessivo di 1,6mld di export”. L’importanza della filiera è confermata anche dai consumi nazionali, considerando che -secondo Cia- i prodotti a base di carne suina rappresentano circa l’8% degli acquisti nel carrello della spesa degli italiani.