ROMA – Con il fiume Po in secca, è ufficialmente crisi idrica, come non si vedeva da 70 anni. La situazione è drammatica: senza acqua, è a rischio fino al 50% della produzione agricola e zootecnica del Bacino padano, tra i più importanti d’Italia, ma l’emergenza coinvolge anche famiglie e industrie dell’area, con l’ipotesi di razionamenti, compreso il comparto turistico, ora in piena stagione balneare. Per Cia-Agricoltori Italiani, tutto il Paese è a un punto di non ritorno e serve un intervento rapido per realizzare una vera rete di nuovi invasi e laghetti, diffusi sul territorio, per l’accumulo e lo stoccaggio di acqua in caso di siccità.
Del resto -sottolinea Cia- il problema riguarda tutta Italia, dove sta mancando la pioggia da settimane e non è prevista nei prossimi giorni, le temperature toccano anche 4 gradi sopra la media stagionale e le scorte idriche sono a zero.
Il fiume Po, arrivato anche a -8,08, desta chiaramente le preoccupazioni maggiori e che arrivano fino alla Pianura di Ferrara con il Bacino più importante d’Italia da 600 milioni di metri cubi nel 2021, vitali per un intero ecosistema e non solo per l’agricoltura, che qui è rappresentata da più di 6 mila aziende per 170 mila ettari di terreno.
Con danni complessivi destinati a superare un miliardo di euro, se non pioverà neanche sulle Alpi -aggiunge Cia- si può già dire addio al pomodoro tardivo così come a molte orticole, la cui coltivazione, vista la mancanza di acqua necessaria per irrigare, non può neanche essere avviata. Per meloni e cocomeri si prevede, invece, una riduzione tra il 30% e il 40% che arriva al 50% per il mais e la soia, produzioni il cui mercato è già ampiamente sotto stress per via della guerra in Ucraina.
Nell’immediato -chiarisce Cia- di fronte a questa severa siccità, non c’è soluzione se non la collaborazione di tutti. Gli agricoltori potrebbero dover fare i turni d’irrigazione e i cittadini accettare di non avere acqua di notte. Questo al Nord come al Sud, stando ai livelli bassi di fiumi come il Palantone, il Sesia e i Bacini dal Parma al Trebbia, il Tevere e l’Arno, l’Ombrone e il Garigliano, ma anche agli invasi di Basilicata, Puglia, Sardegna.
“Enti e istituzioni, con le organizzazioni agricole, devono necessariamente sedersi a un tavolo per valutare strategie concrete di contenimento -spiega il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini-. Bisogna pensare a una bacinizzazione del Po, come avviene nel Nord Europa, in Belgio. Abbiamo perso almeno 20 anni e ora intervenire è solo questione di buon senso, a garanzia della sicurezza alimentare, ma anche delle filiere produttive, della biodiversità e del paesaggio, e soprattutto dei cittadini. Non è un’emergenza solo dell’agricoltura. L’acqua è una risorsa strategica e il Pnrr deve fare di più -aggiunge Fini- oltre gli 800 milioni di euro previsti per gli interventi irrigui”.