PALERMO – Aumenti che vanno dal 10 al 120 per cento e costi totali ormai insostenibili perché non più remunerativi. La zootecnia siciliana, insieme agli altri comparti dell’agroalimentare, deve misurarsi in questo periodo con un incremento delle spese che non viene compensato dall’irrisorio aumento del prezzo di vendita del bovino da macellare. Un turbine incontrollato di rialzi – senza contare i continui danni provocati dalla fauna selvatica come cinghiali e daini nei pascoli – che rischia di stritolare una parte importante dell’economia dell’Isola, come sottolineato dalla Cia Sicilia Occidentale.
“Nel 2021 acquistare un vitello, ingrassarlo e rispettare i protocolli sanitari costava in tutto sui 1.300 euro; si rivendeva a 1.500 pronto per la macellazione e, tolte anche le tasse, ti restavano in mano 150 euro. Quest’anno il prezzo di acquisto del vitello è passato da 700 a 750-800 euro; ingrassarlo costa sugli 800 euro contro i 600 dell’anno passato. E oggi si può riuscire a vendere a non più di 1.600: considerate le tasse, non ci si ricava più nulla. E non abbiamo calcolato le spese per il gasolio agricolo, che serve anche per la cura dei pascoli, passato dai 70 centesimi al litro del 2021 alla cifra di 1,50 euro di oggi”. È la denuncia di Salvatore Nasello, vicepresidente della Cia Sicilia Occidentale con delega alla zootecnia.
Agli allevatori non va bene anche sul fronte del latte. Se l’anno passato il prezzo era di 78 centesimi litro, oggi si vende a 92 centesimi, ma questo incremento se ne va tutto per coprire gli aumenti di carburanti e dell’energia elettrica per alimentare le sale da mungitura.
“Chiediamo alla Regione ed al governo nazionale – dichiara Camillo Pugliesi, presidente di Cia Sicilia Occidentale – di intervenire tempestivamente con un sostegno, per consentire ai nostri allevatori di superare questi tanti ostacoli che, da soli, non possono affrontare. È in pericolo la sopravvivenza di tantissime aziende che, numeri alla mano, non riescono a creare un profitto neanche minimo dalla loro dura attività. I costi agricoli, così come certificato da Ismea un paio di settimane fa, sono lievitati di oltre il 18% in soli tre mesi, da sommare al + 6% del 2021. L’agroalimentare non si è fermato davanti alla pandemia, è il motore della nostra economia e i produttori non possono pagare da soli l’impatto della crisi internazionale dei prezzi”.