ROMA – I prezzi dei risoni nazionali, spinti dalla domanda dell’industria risiera e dalla ridotta disponibilità di prodotto sul mercato, hanno registrato un’ulteriore forte crescita nel secondo trimestre dell’anno.
Molte varietà hanno raggiunto prezzi storicamente elevati, come nel caso di alcuni Lunghi A: il Carnaroli (quasi il +120% rispetto a giugno 2021), l’Arborio, il S. Andrea (per entrambi +60%) e il Baldo (+70%). Raddoppiati i prezzi dei Tondi, Selenio e Lido, appartenente al gruppo Medio. In crescita del 40% anche i Lunghi B. Sono alcuni dei dati contenuti nell’analisi trimestrale sul mercato del riso realizzata dalla Camera di Commercio di Pavia, con la collaborazione tecnico scientifica di BMTI.
La siccità che sta coinvolgendo le zone di produzione, in particolare, il basso pavese, il novarese, il milanese e l’area del Delta del Po, oltre ai costi elevati dell’energia e alle alte quotazioni dei fertilizzanti, sta inoltre portando alcune aziende di questi territori ad abbandonare la coltivazione con il rischio di un calo della produzione a doppia cifra rispetto al 2021.
Uno scenario che inevitabilmente si sta riversando sui prezzi al consumo del riso, la cui crescita rispetto allo scorso anno è giunta a toccare il +13,7% a giugno, per effetto dei i rincari dei risoni, dei risi lavorati e l’aumento dei costi di produzione (dall’energia elettrica al packaging).
Sul fronte del commercio estero, intanto, nel primo trimestre del 2022 sono aumentate del +7,3% su base annua le esportazioni italiane di risone, riso semigreggio, riso lavorato e rotture di riso. Aumentano però anche le importazioni (+30% in volume rispetto allo stesso trimestre del 2021), a causa dei maggiori arrivi di riso lavorato dai paesi asiatici, in particolare da Birmania, Vietnam e Cambogia.