TORINO – “Mai vista una situazione cosi, è la frase che mi ripetono spesso i margari sugli alpeggi piemontesi. Un inverno senza neve, primavera asciutta, estate torrida e senza precipitazioni si sono tradotte in un incubo per le centinaia di famiglie di margari. La situazione drammatica è reale e non ci sono previsioni di miglioramento nell’immediato. Il rischio concreto è che già in agosto molte mandrie lasceranno gli alpeggi per ritornare in pianura: l’erba è secca e l’acqua manca. Non si può restare. I tempi minimi di alpeggio, anche in funzione dei premi della PAC, rischiano di non essere rispettati”.
Lo afferma Roberto Colombero, Presidente Uncem Piemonte. Ma il problema non è solo anticipare la discesa. “La stagione foraggera – spiega – è stata difficoltosa anche in pianura con pochissimo fieno prodotto il che si traduce in aumenti spropositati dei prezzi. In due anni il prezzo è già raddoppiato, dai 10 euro ai 20-25 euro al quintale. Oggi si parla di prezzi intorno ai 35 euro al quintale. Insostenibile per le aziende, soprattutto quelle dei margari, che si approvvigionano quasi totalmente all’esterno. Il costo delle materie prime per la produzione dei mangimi è ormai fuori controllo. Per il settore è la tempesta perfetta. Urge un confronto urgente con la Regione per capire come andare incontro alle esigenze di queste aziende perché da sole non possono reggere: derogare ai tempi minimi per l’alpeggio e prevedere sostegni economici perché è impossibile superare l’inverno con questi costi e con il prezzo dei vitelli (soprattutto di razza piemontese) che sono a livelli di 20 anni fa”.
“Al di là della troppa retorica bucolica che spesso circonda questo mondo – sottolina il Presidente Uncem – riteniamo come Uncem fondamentale il ruolo come imprese zootecniche, ma anche e soprattutto come presidio di gestione di territori, che se fatta con buon senso e su basi scientifiche, apporta benefici ambientali che si traducono in vantaggi collettivi. Se non si interviene concretamente rischiamo di far saltare definitivamente un settore che da centinaia di anni permette un utilizzo equilibrato e sussidiario delle risorse foraggere in montagna e in pianura. E, alla fine, resterà a sfruttare i pascoli solo chi fa il margaro per hobby o per i premi, ovvero coloro per i quali è del tutto irrilevante se l’azienda sta in piedi per ciò che produce. L’importante è avere ettari e avere titoli per i contributi. Acqua o siccità sono del tutto secondari. Non possiamo permettercelo”.