Brasile contro UE: alleanza di paesi emergenti per abbattere barriere commerciali

ROMA – Il governo brasiliano sta conducendo, secondo il sito “UOL”, un’offensiva dei paesi emergenti per cercare di impedire all’Europa di applicare misure protezionistiche sotto le vesti di “preoccupazioni ambientali” contro i prodotti agricoli esportati da altre regioni del mondo.

In una lettera inviata alla Commissione europea, il Brasile e una dozzina di paesi in via di sviluppo hanno avvertito che tali barriere potrebbero violare i trattati internazionali commerciali e le regole della OMC.

In Europa i governi stanno valutando la creazione di criteri ambientali per l’importazione di beni agricoli, che potrebbero rappresentare la chiusura del mercato europeo per decine di esportatori internazionali. Nell’UE, il processo si sta muovendo verso una decisione nei prossimi mesi. In Sudamerica, per esempio, praticamente nessuno crede alle “buone intenzioni” dell’UE, vista come una regione protezionistica e, non di rado, ipocrita e selettiva nell’applicazione dei suoi cosiddetti “valori”.

L’iniziativa per creare una risposta all’UE è arrivata dall’Indonesia, che quest’anno presiede il G-20. Ma è stata la combattiva diplomazia brasiliana a guidare il processo, raccogliere firme e adesioni da paesi di diversi continenti. Per il Brasile, le misure commerciali non possono essere utilizzate per raggiungere obiettivi protezionistici e minacciano di aggravare la povertà, senza alcun effetto sulla conservazione delle foreste. Il gruppo avverte inoltre che la proposta potrebbe violare gli accordi commerciali dell’OMC. Alcuni diplomatici dicono che prima di generare regoli unilaterali che si applicheranno all’estero, l’UE dovrebbe occuparsi di avere un mix energetico più pulito e combattere gli innumerevoli incendi nelle sue poche foreste ‘che ancora esistono’.

Nel documento, consegnato a fine luglio alla direzione della Commissione Europea, i paesi emergenti hanno indicato di essere consapevoli della necessità di difendere l’ambiente. Ma “si rammaricano che l’Ue abbia optato per una legislazione unilaterale e protezionistica” piuttosto che seguire accordi  multilaterali consolidati. Il gruppo guidato dal Brasile vuole che l’Europa allarghi le consultazioni con i governi stranieri, prima di applicare le barriere. Nel documento, i paesi emergenti si rammaricano anche del fatto che le argomentazioni presentate finora da queste nazioni siano state completamente “ignorate dall’UE, influenzate soltanto dalle sue lobby ideologiche e protezionistiche”.

Secondo la lettera, il processo in Europa non tiene sufficientemente conto delle condizioni locali di ciascuna delle regioni del Pianetta, con criteri che sarebbero “punitivi” e discriminatori. Il gruppo avverte che il rischio maggiore è che tali misure provochino “distorsioni commerciali e tensioni diplomatiche, senza benefici per l’ambiente”. Le misure, che non sono sufficientemente chiare e obiettive, danneggerebbero potenzialmente anche la reputazione delle aziende e penalizzeranno i produttori dei paesi in via di sviluppo, in particolare i piccoli agricoltori, generando disinformazione grazie a criteri selettivi e poco chiari stabiliti apposta dall’UE. Il gruppo afferma inoltre di essere preoccupato per la natura discriminatoria delle misure. Secondo loro, tali barriere possono avere un impatto sociale “negativo” e “conseguenze economiche” per le economie in via di sviluppo.

Oltre a Brasile e Indonesia, gli ambasciatori di Argentina, Colombia, Ghana, Guatemala, Costa d’Avorio, Nigeria, Paraguay, Perù, Honduras, Bolivia, Ecuador e Malesia hanno firmato la lettera. L’opinione di questi paesi è condivisa da tanti altri emergenti.

 

 

 

 

 

 

 

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