MILANO – “Il grido di allarme lanciato da due colossi dell’industria lattiero-casearia certifica una volta di più, qualora ce ne fosse la necessità, la complessità della contingenza che vivono da mesi le stalle italiane e tutta la zootecnia, che al pari di altri settori produttivi pagano lo scotto di una ‘inflazione galoppante’, la quale ha fatto crescere a dismisura i costi dei principali fattori produttivi, con particolare riferimento ai mangimi e ai costi dell’energia”.
Lo sottolinea il presidente della Copagri Lombardia e dell’APL Pianura Padana Roberto Cavaliere, facendo notare che “tale drammatico contesto è aggravato dalla siccità e dalle speculazioni in atto, parzialmente legate alle ripercussioni del conflitto in corso”.
“Se Sparta piange, Atene però di certo non ride; siamo pienamente consapevoli della delicatezza del momento e crediamo quindi che non sia il tempo delle divisioni all’interno della filiera, ma facciamo sommessamente notare che nelle stalle lombarde la situazione è ancora più pesante, in quanto a fronte di aumenti dei costi energetici di quasi il 200% su base annua e incrementi del 40% circa delle spese per l’alimentazione animale, molti allevatori continuano a vedersi recapitare cartelle esattoriali da capogiro, che incredibilmente sono ancora legate alla vicenda delle quote latte”, osserva Cavaliere.
“È del tutto paradossale che in un frangente simile, caratterizzato da incrementi senza precedenti che colpiscono duramente ogni anello della filiera, senza contare ovviamente le ripercussioni sui consumatori, il governo perseveri nella sua attività di riscossione, in barba alla complessità del momento e al buon senso, ma anche e soprattutto ai recenti pronunciamenti della Corte di Giustizia UE, che appena qualche mese fa aveva dichiarato nulle tutte le annate oggetto di prelievi supplementari”, aggiunge il presidente.
“Sono queste le principali ragioni per le quali resta alta la tensione nel comparto, che rimane in stato di agitazione e sul quale pesa lo spettro del default; il rischio concreto, oltre alla chiusura di migliaia di aziende, è la scomparsa di buona parte del tessuto produttivo di uno dei comparti di eccellenza dell’agroalimentare nazionale”, rimarca Cavaliere, ricordando che “il settore può contare su quasi 25mila stalle, per una produzione che sfiora i 13 milioni di tonnellate l’anno, e che solo dalla Lombardia dipende circa la metà della produzione lattiero-casearia nazionale”.