ROMA – «Questo report, il terzo dall’inizio dell’anno 2022, si inserisce nel solco, tracciato dal CREA Politiche e Bioeconomia, che fotografa e documenta le difficoltà di un’agricoltura che sta affrontando una crisi senza precedenti, ulteriormente aggravata dall’emergenza idrica. Dopo l’analisi di carattere generale degli effetti della guerra in Ucraina sui risultati economici delle aziende agricole italiane, ci siamo concentrati su uno specifico settore, quello zootecnico, in particolare dell’allevamento dei bovini da latte, uno tra i settori più colpiti dall’impennata dei costi». Così Alessandra Pesce, direttrice del CREA Politiche e Bioeconomia, commenta la pubblicazione del report Crisi energetica: gli effetti sui bilanci delle aziende con bovine da latte e sui costi di produzione del latte, elaborato sulla base dei dati aziendali rilevati dalla rete RICA (Rete d’Informazione Contabile Agricola, gestita dal CREA Politiche e Bioeconomia, fonte ufficiale UE, che monitora il reddito e le attività delle imprese).
Diversamente dai precedenti, che contenevano le categorie di costo ritenute oggettivamente influenzabili dall’aumento dei prezzi pagati dagli allevatori, in questo report sul latte non solo sono state aggiornate le precedenti voci di spesa, ma sono state integrate con i fattori di produzione, prima non considerati.
Le 8 voci di costo analizzate dai ricercatori del CREA – sementi/piantine, fertilizzanti, prodotti di difesa (antiparassitari e diserbanti), mangimi, foraggi e lettimi, gasolio, energia elettrica e noleggio passivo – hanno causato un aumento dei costi di produzione del 111% nel primo semestre del 2022 rispetto al 2020. L’ impatto medio aziendale nazionale stimato è di 29.060 euro, mentre sugli allevamenti da LATTE sale addirittura a 90.129 euro. Tali aumenti sono legati all’eccezionale rincaro (a livello medio aziendale) delle spese per l’energia elettrica (+35.000 euro), per l’acquisto di mangimi (+34.000 euro) e dei carburanti (+6.000 euro).
Il report evidenzia anche le variazioni su scala territoriale: la circoscrizione nord occidentale, che registra il più elevato incremento dei costi (oltre 138.000 euro per azienda), è quello con i minori incrementi percentuali (+106%), mentre in quella nord orientale i costi aumentano del 108%, per crescere progressivamente nel centro (+112%), nel meridione (+129%) e nelle isole (+138%).
Si stima che un’azienda su 4 potrebbe non riuscire a far fronte ai pagamenti immediati e a coprire i costi correnti, con il forte rischio di dover chiudere l’attività.
I dati ovviamente risentono di forti variazioni, e il report tiene conto di tali differenze. I risultati, infatti, sono strettamente correlati alle caratteristiche strutturali aziendali, alla dimensione economica, al modello organizzativo, nonché alla vocazione produttiva e al contesto economico e territoriale, in cui le aziende zootecniche operano e al collegamento con i mercati di approvvigionamento dei mezzi tecnici di produzione.