ROMA – Conservazione, rinnovamento (innesti e nuovi impianti per le specie arboree) e ringiovanimento (moltiplicazione del seme conservato per le specie erbacee da seme) delle risorse genetiche vegetali; circa 80 mila accessioni, 257 specie coltivate per alimentazione umana e animale e 244 specie selvatiche affini, censite e conservate durante l’intera durata (18 anni) del programma. Tutto questo è RGV FAO, il programma per la conservazione, la caratterizzazione, l’uso e la valorizzazione delle risorse genetiche vegetali per l’alimentazione e l’agricoltura, coordinato dal CREA, Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura (OFA), che si chiude oggi 12 ottobre, con i risultati del VI triennio di attività.
Si tratta di un progetto, finanziato dal Mipaaf, come risposta italiana all’implementazione del Trattato FAO sulle risorse fitogenetiche – Trattato Internazionale sulle Risorse Genetiche Vegetali per l’alimentazione e l’agricoltura (ITPGRFA) – che coinvolge 10 centri di Ricerca del CREA, il CNR e la Rete Semi Rurali, un’associazione attiva nella conservazione e nell’uso sostenibile delle risorse genetiche vegetali. Nasce con lo scopo di raccogliere, catalogare, conservare, valorizzare e scambiare le risorse genetiche vegetali, che vengono poi caratterizzate per individuare quei geni utili per il miglioramento genetico o di rilevanza strategica per la specie, in un’ottica di sostenibilità e salvaguardia dell’ambiente (obiettivi previsti dall’Art. 5 del Trattato FAO).
Ne emerge, quindi, un patrimonio non solo di risorse genetiche, ma soprattutto di informazioni e conoscenze – disponibili in un database dedicato, PlantaRes – derivante da 18 anni di attività, che rappresenta uno strumento fondamentale per garantire la sicurezza alimentare globale e lo sviluppo sostenibile. Si tratta, infatti, di una fonte inesauribile di geni utili: spesso quelle varietà considerate obsolete per la coltivazione perché poco produttive e/o carenti per caratteri fondamentali, o quelle specie affini non coltivabili (Crop Wild Relatives CWR), risultano invece preziose, perché al loro interno possono portare fattori importanti per contrastare nuovi o vecchi problemi, come i cambiamenti climatici in atto o la resistenza a nuovi e vecchi patogeni. Sono, quindi, una risorsa fondamentale per garantire la produzione di cibo a una popolazione mondiale in crescita con sempre meno risorse disponibili. Tutto ciò è possibile solo studiando e individuando, all’interno delle risorse genetiche, quei fattori di pregio da trasferire successivamente alle varietà moderne con il miglioramento genetico sia tradizionale che con le nuove tecnologie genomiche (NGT o TEA).
«Un esempio di risorse genetiche non adatte alla coltivazione e utilizzate per scopi di miglioramento genetico – ha dichiarato Ignazio Verde, Dirigente di Ricerca CREA Centro Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura – è rappresentato dalle specie affini di Vitis resistenti a peronospora e oidio. Queste risorse, scadenti dal punto di vista organolettico, hanno consentito l’ottenimento di nuove varietà resistenti attraverso incrocio e selezione. La possibilità di modificare gli stessi geni per via biotecnologica (NGT o TEA) permetterebbe di dotare le varietà tradizionali (ad esempio Pinot, Sangiovese, Catarratto, Nero d’Avola) degli stessi fattori di resistenza salvaguardando allo stesso tempo la sostenibilità della viticoltura, le tradizioni e l’economia legate a questi vitigni».