ROMA – “La mortadella è buonissima non c’è niente da fare, è proprio bona. La mortadella è comunista. Il salame è socialista, il prosciutto è democristiano, la coppa….liberale, le salsicce repubblicane, il prosciutto cotto è fascista”. Il surreale dialogo fra Francesco Nuti e Antonio Petrocelli, su quella panchina, in Caruso Pascoski resta indimenticabile.
E la sovranità alimentare come è? Di destra o di sinistra? Si tratta di un indirizzo politico-economico che punta ad affermare il diritto dei popoli a definire le proprie politiche e strategie sostenibili di produzione, distribuzione e consumo di cibo, basandole sulla piccola e media produzione. Quindi è una sorta di anti-globalizzazione. A livello teorico-filosofico (ma anche pratico) è un concetto economico-politico che più a sinistra non si può. Anche se la difesa delle proprie produzioni alimentari, la tutela del Made in Italy, la valorizzazione del lavoro quotidiano delle imprese agricole, dovrebbero essere valori politici-economici assolutamente trasversali.
Nell’articolo di ieri abbiamo provato ad interpretare i motivi, reali ed attuali, per cui il Mipaaf è stato trasformato in Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare dal governo Meloni. Leggi: Sovranità Alimentare come la Francia, il copyright è di Macron. E attenti all’export, il Made in Italy vale 60 miliardi di euro
Oggi proseguiamo l’approfondimento andando alle origini di tale concetto, che di destra – almeno come è stato concepito quasi trenta anni fa – sembra avere ben poco.
La Via Campesina ha lanciato l’idea di sovranità alimentare in occasione del Vertice mondiale sull’alimentazione del 1996. Questo principio si è man mano diffuso a livello globale tra i movimenti sociali che rappresentano produttrici e produttori agricoli, pescatori, pastori, poveri urbani, gruppi ambientalisti e dei consumatori, associazioni femministe e molti altri. E’ stato finalmente anche riconosciuto da vari governi e istituzioni internazionali.
La sovranità alimentare è il diritto dei popoli ad alimenti sani, culturalmente appropriati e prodotti con metodi sostenibili e il loro diritto di definire il proprio sistema agricolo e alimentare.
La sovranità alimentare si presenta come un processo di costruzione di movimenti sociali e di responsabilizzazione dei popoli per organizzare le loro società in modi che trascendono la visione neoliberale di un mondo di merci, mercati e attori economici egoisti. Non esiste una soluzione unica per la miriade di problemi complessi che dobbiamo affrontare nel mondo di oggi. La sovranità alimentare è invece un processo che si adatta alle persone e ai luoghi in cui viene messa in pratica. Sovranità alimentare significa solidarietà, non concorrenza, e costruzione di un mondo più giusto dal basso verso l’alto.
Essa si declina in modelli plurali che permettono a tutte e tutti di beneficiare di produzioni agricole ad una scala sostenibile per le persone e il loro ambiente. La sovranità alimentare mette i bisogni, le aspirazioni e il sostentamento di coloro che producono, distribuiscono e consumano alimenti nel cuore delle politiche e dei sistemi alimentari, piuttosto che le esigenze dei mercati e del business.
La sovranità alimentare dà priorità ad una produzione alimentare locale e di consumo territoriale. Essa dà ad ogni paese il diritto di proteggere i suoi produttori locali da importazioni a basso costo, assicurando che i diritti di utilizzo e gestione di terre, territori, acqua, sementi, bestiame e della biodiversità siano nelle mani di chi produce il cibo e non delle imprese.
La sovranità alimentare appare come una delle risposte più potenti per riorganizzare l’attuale sistema alimentare e per affrontare povertà e crisi climatica. Per questo, anche l’Associazione Rurale Italiana -come spiega sul proprio sito – è da tempo attiva nel movimento internazionale per la Sovranità Alimentare Nyéléni.
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