ROMA – “La sovranità alimentare non è sinonimo di autarchia: è il diritto dei popoli a determinare le proprie politiche alimentari senza costrizioni esterne legate a interessi privati e specifici”. A sottolinearlo Barbara Nappini presidente di Slow Food Italia.
“È un concetto ampio e complesso – aggiunge – che sancisce l’importanza della connessione tra territori, comunità e cibo, e pone la questione dell’uso delle risorse in un’ottica di bene comune, in antitesi a un utilizzo scellerato per il profitto di alcuni”
Nel 2008, l’International Assessment of Agricultural Science and Technology for Development (IAASTD) – panel intergovernativo con il patrocinio delle Nazioni Unite e della Banca Mondiale – ha definito la sovranità alimentare come “il diritto dei popoli e degli Stati sovrani a determinare democraticamente le proprie politiche agricole e alimentari”. Ma questo concetto fondamentale è stato introdotto più di dieci anni prima da Via Campesina, movimento internazionale che coordina le organizzazioni contadine dei piccoli e medi produttori, dei lavoratori agricoli, delle donne rurali e delle comunità indigene dell’Asia, dell’Africa, dell’America e dell’Europa.
“Un concetto quanto mai attuale oggi, che ci riguarda tutti: non a caso da molti anni Slow Food si occupa di sovranità alimentare, supportando e promuovendo in tutto il mondo i sistemi locali del cibo, fortemente legati ai territori, basati sulle connessioni, sulle comunità, in grado di combattere lo spreco alimentare, di valorizzare la produzione di piccola e media scala e di proteggere la biodiversità. Sistemi di produzione a bassi input esterni e ad alto tasso di competenze, creatività e buone pratiche” conclude Barbara Nappini.
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