ROMA – Nonostante l’incremento di 40mila ettari coltivati, nel 2022 la produzione di grano duro italiana è calata di 1,5 milioni di quintali rispetto all’anno scorso a causa soprattutto del cambiamento climatico, del caro energia e del conseguente aumento dei costi dei concimi.
A rivelarlo, nel World Pasta Day, è CAI – Consorzi Agrari d’Italia, che con quasi 9 milioni di quintali di cereali stoccati e gestiti rappresenta la prima realtà organizzata della produzione nel nostro Paese.
In base alle stime CAI, su dati Istat, negli ultimi sei anni l’Italia ha perso circa 35mila ettari di terreno coltivati a grano duro.
Nonostante il rialzo dei prezzi dei prodotti agricoli, con il grano duro che oscilla tra 480 e 500 euro a tonnellata secondo le rilevazioni della Borsa Merci di Bologna, caro energia e incertezza internazionale derivanti dalla guerra in Ucraina non lasciano tranquilli gli agricoltori, vista la previsione di un leggero calo (-1,4%) delle superfici seminate nel 2022.
Secondo Consorzi Agrari d’Italia, è necessario lavorare per aumentare la produzione italiana di qualità, anche attraverso investimenti lungo tutta la filiera, al fine di evitare che il nostro Paese continui a dipendere troppo dalle importazioni di prodotto dall’estero.