ROMA – Molto di più di un semplice rimbalzo post Covid. Il sistema italiano delle eccellenze agroalimentari a marchio DOP e IGP archivia un 2021 da record: 19 miliardi di euro di valore alla produzione (+16% sul 2020), di cui 10,7 miliardi generati dalla vendite all’estero (+13%), per un’incidenza sul fatturato dell’agroalimentare complessivo che ha superato la soglia del 20 per cento.
I dati dell’ultimo Rapporto Ismea Qualivita presentato a Roma, alla presenza del Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida, hanno delineato uno scenario di forte ripresa del comparto dopo le difficoltà causate dalla pandemia, durante la quale il sistema delle Dop e Igp non ha comunque mai smesso di produrre e assicurare forniture regolari di cibo di qualità. I dati illustrati confermano ancora una volta la grande forza propulsiva della Dop Economy nei diversi territori di appartenenza, dove sempre più spesso il binomio cibo e vino di qualità è un elemento di forte richiamo per il turismo anche di matrice estera.
L’attrazione esercitata dal modello delle Indicazioni geografiche è anche testimoniata dal numero di prodotti insigniti del prestigioso bollino comunitario che aumenta di anno in anno: a novembre 2022 si è raggiunto il totale di 845 prodotti con 4 nuovi riconoscimenti (Vincisgrassi alla Maceratese STG, la Lenticchia di Onano IGP, Finocchio di Isola Capo Rizzuto IGP e Castagna di Roccamonfina IGP) e di pari passo cresce anche l’impatto economico nei territori di origine. Al di là dei grandi distretti produttivi, che a tutt’oggi concentrano gran parte del valore del sistema, non c’è angolo della penisola, dal Nord al Sud, che non abbia almeno una Indicazione geografica da cui trarre un vantaggio anche in termini economici.
“Siamo convinti che la difesa di un modello che mette al centro i produttori e i consumatori possa contribuire a valorizzare ancor di più il prezioso lavoro dei consorzi e promuovere la Dieta mediterranea, sinonimo di cibo salutare e sicuro – ha dichiarato il ministro Francesco Lollobrigida – È mia ferma intenzione proteggere le nostre eccellenze, patrimonio della nostra comunità nazionale, e contrastare in ogni sede qualsiasi produzione che rischia di spezzare il legame millenario tra agricoltura e cibo, fino alle omologazioni alimentari, di cui il cibo sintetico rappresenta la forma più estrema”.
“I dati del rapporto – ha commentato il presidente Ismea Angelo Frascarelli – confermano che la distintività è la chiave del successo dell’agroalimentare italiano. L’agricoltura italiana non può competere sulle commodities e subire la competizione giocata sul prezzo, ma deve agire da price maker lavorando sempre di più su qualità, distintività e controllo dell’offerta”.
“Il sistema delle IG racconta molto di più del solo valore economico – ha sottolineato il Direttore Generale Ismea Maria Chiara Zaganelli – è un modello che valorizza i sistemi produttivi locali, che garantisce un’equa distribuzione del valore tra gli attori della filiera e che testimonia il legame con il territorio e la sua storia. Quando un prodotto Ig valica i confini nazionali si porta dietro un pezzo d’Italia. Ma il modello delle Ig è anche espressione di quell’agricoltura vitale, innovativa, sostenibile nelle tre accezioni del termine: ambientale, economico, sociale in grado di offrire importanti ricadute sul territorio e fare da argine ai fenomeni di abbandono e spopolamento delle aree rurali, da parte dei giovani, a cui stiamo assistendo negli ultimi decenni”.
“Con il 92% di materia prima che ha origine in Italia e il 100% delle attività di trasformazione che avvengono nel suolo nazionale – ha tenuto a sottolineare il direttore Generale di Qualivita Mauro Rosati– non c’è filiera produttiva in Italia che possa incarnare maggiormente il concetto di Made in Italy, in un momento storico, peraltro, in cui il modello di filiera corta si è rivelata vincente per rispondere alle crisi globali che abbiamo attraversato”.
Il 2021 è un anno di traguardi per il vino italiano DOP IGP, con una produzione imbottigliata che ha sfiorato i 27 milioni di ettolitri (+11% sul 2020) e un giro d’affari alla produzione di oltre 11 miliardi di euro, in crescita del 21% su base annua. Anche le esportazioni hanno chiuso l’anno con un nuovo record di 6,3 miliardi (+13%), complice anche la positiva dinamica dei prezzi, sostenuta nella parte finale dell’anno all’impennata dei costi di produzione.
Cresce la produzione certificata e soprattutto il valore anche dei formaggi (4,68 mld euro), trainato dalle grandi DOP, anche grazie alla ripresa della domanda con il progressivo ritorno alla normalità post-pandemia e le riaperture dell’Horeca. Sul fronte dell’export, dopo la buona tenuta nel 2020, il 2021 fa segnare una progressione di oltre il 15% delle vendite all’estero, che porta il giro d’affari a quota 2,3 miliardi di euro.
La categoria dei prodotti a base di carne ha subito lo scorso anno una lieve contrazione di quantità certificata a fronte di una crescita del valore alla produzione ( quasi 2 miliardi di euro), sostenuta dall’aumento dei prezzi all’origine. Dopo gli effetti negativi della pandemia, soprattutto nei Paesi Extra-UE, si registra un recupero a due cifre per l’export che raggiunge 633 milioni di euro (+12,7%).
Per gli ortofrutticoli DOP e IGP la flessione dei listini all’origine per alcune grandi IG (mele, in particolare) ha determinato una contrazione dell’1,8% del valore della produzione, scesa a 384 milioni di euro. In frenata anche le vendite all’estero, con una riduzione in valore del 15% sull’anno precedente.
Il piccolo segmento degli aceti registra invece un recupero produttivo a doppia cifra accompagnato anche da un incremento proporzionale del valore. Con 407 mln di euro, la categoria, nonostante conti solamente 3 denominazioni e 645 operatori, è terza in valore nel settore delle DOP IGP. L’export vale 934 milioni di euro, interessa il 92% della produzione certificata degli aceti balsamici e rappresenta il 21% delle esportazioni in valore del comparto cibo DOP IGP nel suo complesso.
Per i 49 oli di oliva a denominazione, dopo due anni di calo consecutivi, il 2021 fa segnare una crescita consistente della quantità certificata e del relativo valore economico. La crescita coinvolge quasi tutte le principali denominazioni DOP e IGP, a cominciare dal recupero della DOP Terra di Bari DOP, dopo il crollo di prodotto certificato del 2020. Dei 91 milioni di euro di valore alla produzione, ben 66 milioni di euro è la quota destinata all’export, a fronte di una quantità del 38% di produzione certificata.
Le carni fresche DOP e IGP che contano 6 denominazioni e 10.406 operatori hanno generato lo scorso anno un valore alla produzione di 98 milioni di euro in crescita di quasi il 7% su base annua, grazie a un lieve incremento produttivo e alla decisa rivalutazione delle quotazioni all’origine, di riflesso alla riapertura dell’Horeca e a una domanda domestica più vivace. Corre anche l’export (+26%), seppure in corrispondenza di valori ancora esigui (12 milioni di euro, che rappresentano il 9% del prodotto certificato).
Le paste alimentari consolidano i risultati degli ultimi anni e si affermano come 5° categoria in assoluto per valore alla produzione con 246 milioni di euro e 4° categoria per l’export con 202 milioni di euro, grazie alla Pasta di Gragnano IGP che si conferma fra le prime 10 IG italiane per valore nel comparto cibo. Ottimi segnali per i prodotti della panetteria e pasticceria che raggiungono un valore alla produzione di 100 milioni di euro ( +22,3% su base annua).