ROMA – E’ la notizia del giorno, quella del voucher per l’agricoltura che dall’ultima sua apparizione, 2017, torna con la nuova legge di bilancio del Governo Meloni. Una opportunità tanto attesa dalle imprese agricole, soprattutto quelle legate alla manodopera stagionale. Una opportunità anche per le tante categorie di lavoratori interessate. Abbiamo fatto il punto sulle novità e come cambia lo strumento con l’esperto in materia Corrado Tei.
Rispetto al 2017 quali sono le sostanziali differenze del voucher?
In realtà niente di particolarmente diverso. Il limite massimo complessivamente percepibile per il lavoratore, rimane immutato, 5.000 euro. Da ciascun utilizzatore, il lavoratore non potrà ottenere più di 2.500 euro. La novità interessa l’utilizzatore, colui che impropriamente potremmo definire “datore di lavoro”: con riferimento al numero complessivo dei lavoratori, non potrà erogare più di 10.000 euro. In pratica, se si considera un utilizzatore e quattro lavoratori con compensi di 2.500 euro ciascuno, il limite di 10.000 euro è raggiunto anche per lo stesso utilizzatore. Unica novità sostanziale, la specifica che ne potranno usufruire anche le attività agricole di carattere stagionale, ma per un periodo non superiore a 45 giorni nel corso dell’anno solare. Per ogni giornata lavorativa, dovranno essere corrisposti a ciascun lavoratore non meno di 3 buoni lavoro, pari a 27 euro. Tale numero di buoni/importo però, deve essere confrontato con la retribuzione oraria determinata dal Contratto collettivo di lavoro e se quest’ultima è più alta, devono essere corrisposti tanti buoni lavoro fino al raggiungimento di quest’ultima. A carico dell’utilizzatore rimane la contribuzione alla Gestione separata (33%) e l’assicurazione Inail (3,5%). Le imprese, ad eccezione di quelle impegnate nel settore alberghiero, ricettivo e turismo, non dovranno avere più di dieci dipendenti a tempo indeterminato (nuovo limite).
Chi potrà beneficiare di questa misura?
Prima di rispondere alla domanda, è opportuno fare una precisazione. La diffusione fin troppo generalizzata della precedente versione, ha portato con se un abuso spropositato dello strumento, al quale il legislatore ha reagito introducendo vincoli e burocrazia talmente oppressiva, da rendere lo stesso strumento di fatto inutilizzabile. Abuso che, seppure additato come il massimo utilizzatore del sistema dei buoni lavoro, aveva interessato anche il settore agricolo, ma solo per una minima percentuale rispetto agli altri settori produttivi. E adesso la novità: le imprese agricole non hanno più alcuna limitazione di tipologia di lavoratori impiegabili, prima limitati ai titolari di pensione di vecchiaia ed invalidità, giovani studenti under 25, disoccupati, beneficiari di prestazioni integrative del reddito,
Reddito di cittadinanza e voucher sono in collegamento?
Per il momento non abbiamo riscontri. Nella norma istitutiva si faceva riferimento al precursore del Reddito di Cittadinanza, il Reddito di Inclusione o REI ed in quel caso la cumulabilità era ammessa. L’intervento dell’Inps era limitato agli aspetti contributivi. Non sappiamo come evolverà la discussione in merito al RDC, ma ci auguriamo che le due misure possano interagire, proprio perché il buono lavoro rappresenta uno strumento di sostegno anche per quei lavoratori in cerca di occupazione, in attesa della quale, ben potrebbero beneficiare di lavori stagionali. In questo modo, si aiuterebbero le imprese e si aiuterebbero anche i percettori “volenterosi” di RDC.
Quali sono gli auspici?
Intanto, imparare dagli errori: occorre semplificare! Complicare oltremodo i sistemi di accesso a questi strumenti non serve a limitare gli abusi, anzi, incoraggia (pochi) o costringe (tanti), ad “ignorare le regole”! Quindi, strumenti snelli per le imprese per poterli attivare ed al contempo, sistemi snelli per i lavoratori per poterli incassare. La tracciabilità dell’impiego e dei pagamenti è possibile senza inventarsi chissà quali modalità di accesso. Il sistema vigente dovrebbe essere profondamente rivisto.