ROMA – I benefici del credito d’imposta 4.0 per l’acquisto di beni innovativi (tra cui le macchine agricole) rischiano di essere compromessi dai ritardi di consegna dovuti alle complicazioni della ripresa economica post-pandemia, aggravati dalle contingenze internazionali provocate dal conflitto russo-ucraino. Sottoscrivendo un contratto d’acquisto per beni catalogati 4.0 e pagando almeno il 20% di acconto entro il 31 dicembre 2021, infatti, un’impresa poteva contare su un credito d’imposta pari al 50% dell’investimento totale.
Ciò, però, a patto che l’operazione di acquisto fosse finalizzata entro il 30 giugno scorso, scadenza prorogata successivamente al 31 dicembre: ancora oggi, però, le macchine ordinate non sono disponibili e non hanno potuto essere consegnate. “In moltissimi casi, però, questo non accadrà entro fine anno – denuncia il presidente Andrea Borio di Federacma, la Federazione nazionale dei commercianti macchine agricole – Sia la lenta ripresa dal Covid sia il conflitto sul territorio ucraino hanno comportato una serie di rallentamenti negli approvvigionamenti delle materie prime che hanno impedito alle case produttrici di realizzare i macchinari innovativi nei tempi previsti nonché – aggiunge – di consegnarli ai rivenditori, impedendo in tal modo agli stessi di poter portare a conclusione le vendite come da accordi sottoscritti”.
Non è bastata, infatti, la prima proroga dal 30 giugno scorso al prossimo 31 dicembre e né, di conseguenza, la scadenza relativa al 2022, fissata oggi a fine giugno 2023, potrà verosimilmente essere rispettata. “Con lo scenario attuale – aggiunge il presidente Borio – sarà praticamente impossibile che gli ordini vengano evasi nei tempi previsti oggi dalla norma”.
Cosa potrebbe accadere? Chi contava nel beneficio del 50% potrebbe perdere un 10% non previsto nell’atto di sottoscrizione del contratto, una beffa ulteriore oltre lo scotto di attendere così tanto per poter concludere l’investimento innovativo. Ancor peggio per chi ha utilizzato la misura durante il 2022: la percentuale dal 1° gennaio scende addirittura al 20%.
“Un colpo duro in questi periodi di difficoltà, dove le imprese senza incentivi effettueranno investimenti con grandi remore – prosegue Borio – Basti pensare che, grazie alla spinta del credito d’imposta 4.0, l’Italia ha chiuso il 2021 con l’immatricolazione di 24.835 trattori, in aumento del 36% sul 2020 e tornando ai livelli del biennio 2010-2011. Per questo – è l’appello che lancia il presidente di Federacma – chiediamo che si intervenga normativamente, a partire dalla Legge di Bilancio, per sanare la situazione. Si tratterebbe di un intervento a costo zero per lo Stato con cui si manterrebbe un impegno morale da gentiluomini con le imprese, le quali non hanno alcuna colpa e responsabilità dinanzi ad uno scenario internazionale che ha provocato ritardi in tutti i settori. Al contempo, ovviamente – conclude Borio – auspichiamo che il Governo trovi le risorse per innalzare la percentuale del contributo dal 20 al 40% anche per il 2023, così da mantenere inalterata l’appetibilità di una misura che ha permesso a tantissime imprese di innovare, creando valore aggiunto”.