ROMA – I numeri e soprattutto le esigenze del settore agromeccanico, vero e proprio pilastro per l’agricoltura italiana ed europea, sono stati i temi esposti da CAI Agromec (l’organizzazione sindacale che rappresenta l’80% delle 18 mila imprese agromeccaniche italiane) all’audizione svoltasi questa mattina alla Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati.
A causa delle loro dimensioni ridotte (11 ettari di superficie l’estensione media, contro i 52 della Francia) le aziende agricole italiane non sono in grado di fare grandi investimenti nella meccanizzazione agricola. Ecco perché il supporto delle imprese agromeccaniche è fondamentale affinché l’agricoltura italiana aumenti la propria competitività e raggiunga gli impegnativi obiettivi ambientali fissati nella nuova Pac. E’ inoltre importante garantire elevati standard di sicurezza per gli operatori, così come è essenziale che questo tipo di attività sia riconosciuta a tutti gli effetti come agricola e non artigianale, al contrario di quanto invece avviene oggi.
Queste sono le tesi esposte durante l’audizione nella XIII Commissione Agricoltura dal presidente di Cai Agromec Gianni Dalla Bernardina, in rappresenta che svolgono il 70% delle lavorazioni meccaniche con punte del 90% per semine e raccolta.
«Oggi le imprese agromeccaniche possono utilizzare il gasolio agricolo e i dipendenti sono inquadrati nel regime previdenziale del settore primario – ha spiegato Dalla Bernardina – ma bisogna risolvere il problema di base: siamo considerati artigiani, dobbiamo diventare imprenditori agricoli a tutti gli effetti, perché questa situazione ci crea parecchi problemi. Un esempio? Durante la pandemia l’attività agricola non si è fermata ma alcuni agromeccanici si sono visti sequestrare le macchine. Tra l’altro – ha specificato il presidente di Cai Agromec – questo passaggio di status non avrebbe costi per lo Stato».
«Difficilmente le aziende agricole riusciranno a soddisfare le richieste dell’Ue in fatto di riduzione dell’impatto ambientale ma anche di rese per ettaro senza gli agromeccanici – ha ribadito il vicepresidente vicario Gianluca Ravizza – perché i contoterzisti sono specializzati nell’utilizzo di macchine sempre più tecnologiche e sofisticate. Oggi siamo inquadrati come meri fornitori di servizi – ha fatto notare ai deputati componenti della Commissione – ma in realtà condividiamo con gli agricoltori il rischio d’impresa, perché se una coltura non arriva a fine ciclo per un’avversità atmosferica, l’agromeccanico non esegue il lavoro di raccolta. Tuttavia, oggi non abbiamo accesso a nessuno strumento di gestione del rischio».
Il vicepresidente Michele Pedriali, ha evidenziato i benefici dell’innovazione e della 4.0 degli agromeccanici sulle aziende agricole che favorisce uno sviluppo molto più veloce e sostenibile e ha presentato alcune proposte di legge che possano inserire a pieno titolo i contoterzisti nelle filiere agricole, come l’albo nazionale degli agromeccanici, oggi presente solo in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. Altra richiesta: oggi il codice attività degli agromeccanici non è tra quelli che possono usufruire dei fondi Pnrr per la meccanizzazione agricola.
Tutti i deputati presenti hanno mostrato di condividere le ragioni di Cai Agromec. Davide Bergamini (Lega) ha sottolineato l’importanza di valorizzare l’albo degli agromeccanici. «È evidente il contributo indispensabile alla meccanizzazione e innovazione portato dagli agromeccanici», ha detto Cristina Almici (Fdi). Marco Cerreto (Fdi) ha aggiunto: «È necessario armonizzare le norme per valorizzare la realtà dell’imprenditore agromeccanico». Stefano Vaccari (Pd) ha rilevato: «Condivido l’importanza di portare avanti l’istituzione di un albo specifico degli agromeccanici».
Nel concludere i lavori, il presidente della Commissione Agricoltura, Mirco Carloni, ha evidenziato come il lavoro della Commissione sia difendere l’agricoltura in tutte le sue forme e quindi sia necessario dare una risposta alle esigenze del modo agromeccanico.