MILANO – Dopo oltre un anno dalla comparsa della malattia veterinaria sul territorio continentale nazionale, la situazione dimostra di essere stata fin qui ben gestita.
Governo, Regioni, Commissario Straordinario e aziende hanno fatto in questi mesi la loro parte: chi coordinando l’attività a livello centrale e destinando risorse all’attività del Commissario, chi intervenendo con fondi a sostegno di iniziative di contenimento della fauna selvatica e di supporto alle aziende in difficoltà, chi mettendo in essere misure più rigide di biosicurezza, decisamente ben al di là dei requisiti normativi e funzionali a ridurre la diffusione di una malattia che per quanto non pericolosa per l’uomo risulta comunque estremamente contagiosa per gli animali e purtroppo ancora priva di cure e vaccini.
“Siamo lieti che le azioni messe in campo dall’innalzamento di recinzioni di contenimento allo svolgimento di mirati abbattimenti selettivi abbiano fin qui messo in sicurezza la suinicoltura nazionale – dichiara Ruggero Lenti presidente Assica – evitando che i contagi giungessero in zone a più alta intensità di capi suini allevati e di stabilimenti produttivi di carni e salumi, aree in cui i danni sarebbero stati inimmaginabili e molto onerosi da indennizzare”.
Le zone finora colpite dalla malattia infatti sono limitate ad alcuni comuni tra Piemonte e Liguria e ad alcuni territorio del Lazio, aree in cui per fortuna sono presenti pochi allevamenti suinicoli, ma che confinano con zone geografiche storicamente vocate alla suinicoltura e in cui si concentrano oltre i due terzi dei suini allevati in Italia, base per la produzione dei pregiati salumi DOP come il prosciutto di Parma e il prosciutto di San Daniele.
“Per garantire tranquillità e serenità ad allevatori e produttori di carni e salumi in un contesto già duramente provato da tante sfide economiche – ha proseguito Lenti – è indispensabile che il governo non molli la presa su questo tema. Il recente cospicuo aumento di casi di positività nei cinghiali in zone limitrofe a quelle ad alta vocazione suinicola suona come un forte campanello di allarme. La vicenda deve continuare a restare sotto controllo: per questo invitiamo il governo a destinare una parte delle risorse dei fondi nazionali per lo sviluppo agroalimentare al mantenimento, consolidamento e sviluppo delle iniziative di contenimento e contrasto alla diffusione della malattia, permettendo alla struttura commissariale – che ha finora svolto un ottimo lavoro – di agire con tempestività ed efficacia. Allo stesso modo siamo certi che anche le Regioni direttamente interessate non faranno mancare il loro sostegno anche economico alla gestione della malattia fino alla sua completa eradicazione, che auspichiamo possa avvenire più rapidamente possibile per liberare milioni di euro di export, oggi bloccati a causa proprio della PSA”.
All’indomani della comparsa della PSA sul territorio continentale italiano, molti Paesi del Mondo hanno bloccato tutte le esportazioni di carni suine e salumi dall’Italia, con una perdita per il settore di 20 milioni di euro al mese di export. Il danno è peraltro duplice, in quanto oltre al mancato export si perdono quote di mercato che diventano sempre più difficili da recuperare man a mano che passa il tempo e si lascia il posto all’Italian Sounding: la richiesta di salumi italiani all’estero è consistente e non poter inviare i nostri prodotti fa sì che le imitazioni trovino terreno fertile al posto degli originali.