ROMA – Il mercato mondiale della carne in vitro ha già registrato investimenti da capogiro, pari a 1,3 miliardi di euro.
E così il via libera della Food and drug americana alla carne di pollo prodotta in laboratorio, accende i riflettori sulle ambizioni latenti in Europa in questo senso.
Con le aziende di riferimento a livello mondiale, tra laboratori e start up, passate da 13 a 117 dal 2016 al 2022 e la produzione globale di carne in vitro che si prospetta al 2030 in aumento fino a 2,1 milioni di tonnellate.
E’ quanto è emerso dal report Nomisma presentato alla IX Conferenza economica di Cia-Agricoltori Italiani, – di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi – che tra rischi e opportunità, protende per caute valutazioni contro derive pericolose, soprattutto sul cibo sintetico, che potrebbero minare una corretta alimentazione e il Made in Italy agroalimentare.
“La carne sintetica – ha detto il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini – va nella direzione opposta a quella che è la nostra idea di cibo, basata sulla valorizzazione delle nostre produzioni agricole e zootecniche, simbolo di alta qualità e identificative dei territori e delle tradizioni nazionali. Inoltre, si tratta di una produzione artificiale che finisce per costare di più in termini di sostenibilità ambientale e non garantisce migliore salute e nutrizione per i cittadini.
Al momento – ha concluso Fini – c’è il rischio concreto che l’agricoltura venga ridimensionata con ovvie conseguenze sulle aree interne con il progressivo abbandono dei territori”.
E se anche l’UE dovesse dare il via libera a sdoganare la produzione di carne sintetica, i rischi evidenziati dalla Cia diventerebbero realtà.
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