FOGGIA – Da una parte la salute, dall’altra le tasche sempre più vuote degli italiani e, nel mezzo, le difficoltà dei produttori agrumicoli pugliesi. Le arance di Puglia sono buone e fanno bene, come conferma anche uno studio dell’Istituto di gastroenterologia “De Bellis” di Castellana Grotte.
I ricercatori della struttura barese, coinvolgendo 60 pazienti di età compresa fra i 30 e i 65 anni, hanno dimostrato che i succosi pomi arancioni prevengono e aiutano a combattere anche la steatosi epatica, malattia causata da un eccesso di accumulo di grassi all’interno delle cellule del fegato. Il ‘segreto’ sono i polifenoli, uno in particolare, la esperedina, che assieme alle altre proprietà nutraceutiche del succoso frutto sono una vera e propria medicina preventiva e curativa. I pazienti consumeranno 4 arance al giorno per 28 giorni, periodo al termine del quale gli esami sullo stato di contrasto alla patologia saranno nuovamente effettuati.
“Il problema, però, è che a causa del rialzo dei prezzi nei supermercati, sempre più consumatori rinunciano a comprare le arance, anche quelle eccellenti per qualità e salubrità prodotte in Puglia”, ha spiegato Vito Rubino, direttore di CIA Due Mari (Taranto-Brindisi). “L’acquisto e il consumo di arance si è ridotto, il loro costo nei supermercati è aumentato, anche se varia a seconda delle tipologie e dei calibri”.
In Puglia si producono circa 2,6 milioni di quintali di agrumi. Le due province a maggiore vocazione agrumicola sono quelle di Taranto e di Foggia. Nel Tarantino si producono soprattutto clementine, arance e mandarini, con oltre 1000 aziende che rappresentano circa il 10% dell’intero comparto agroalimentare jonico. Nel Foggiano, con una localizzazione concentrata sul Gargano, si producono più di 100mila quintali di arance e limoni. Le clementine del Golfo di Taranto, l’Arancia e il Limone Femminiello del Gargano hanno ottenuto il riconoscimento IGT. L’Italia è la seconda nazione produttrice di agrumi in Europa con una quota complessiva del 30%. La Puglia, complessivamente, rappresenta il 20% della produzione nazionale e il 5% di quella europea.
CIA Agricoltori Italiani di Puglia rileva che la nostra posizione sui mercati, nonostante quei numeri, è ancora debole, poiché la Spagna, nostra principale concorrente, rappresenta il 60% della produzione europea e ha conquistato il primato per l’esportazione anche a livello mondiale. I produttori italiani soffrono anche la forte concorrenza di Sudafrica, Egitto, Marocco e Tunisia. “Sul rinnovamento varietale il settore è in ritardo, e questo impedisce di soddisfare le richieste di mercato con prodotti innovativi e un più ampio calendario di maturazione”, ha spiegato Pietro De Padova, presidente di CIA Due Mari. “E’ un fattore che determina un surplus sul mercato di alcuni prodotti, come il clementino comune. Mancano dati produttivi che permettano di orientare nuove strategie di programmazione più adeguate alle esigenze del mercato. Riteniamo che, com’è avvenuto su altri prodotti, anche per gli agrumi sia necessario prevedere l’indicazione in etichetta del luogo di coltivazione, proprio per avere una migliore valorizzazione del prodotto e del legame con lo stesso territorio in cui esso è coltivato”.
“Per CIA Agricoltori Italiani di Puglia”, ha aggiunto Gennaro Sicolo, presidente regionale e vicepresidente nazionale dell’organizzazione, “anche per affrontare le minacce di fitopatie, urge una vera ristrutturazione del comparto che coinvolga produttori, vivaisti, l’intera filiera e gli enti di ricerca a tutela della specificità del prodotto locale. Occorre un rilancio dell’agrumicoltura nazionale, per difendere la specificità del prodotto locale e rivalutare il marchio IGP che lo contraddistingue sul mercato, con un accordo di programma tra gli operatori del settore e le amministrazioni locali per una migliore gestione dello stesso marchio. Intanto, Cia Puglia rivolge il proprio plauso a dirigenti, medici e ricercatori dell’Istituto di gastroenterologia De Bellis” di Castellana Grotte, l’auspicio è che sia sugli agrumi sia sulle altre produzioni d’eccellenza della Puglia possano essere compiute nuove ricerche che valorizzino la qualità e la salubrità dei prodotti agricoli pugliesi”.