ROCCAVERANO (AT) – Non più “Robiola di Roccaverano”, ma semplicemente “Roccaverano DOP” e, da disciplinare, un formaggio al 100% caprino che non ammette percentuali di latte di mucca o pecora. Nel 2023 il Roccaverano cambia nome e regole, ma resta lo stesso prodotto. La modifica è stata pubblicata ieri sulla Gazzetta Ufficiale della Commissione Europea (Regolamento di esecuzione (UE) 2023/335 della Commissione, dell’1° febbraio 2023).
Nuovo logo e nuovo disciplinare dunque, per un formaggio che non si modifica? «Il Roccaverano è invariato nel contenuto e nelle modalità di produzione, ma con il nuovo disciplinare il nostro Consorzio e i produttori che ne fanno parte consolidano il proprio impegno all’insegna della qualità, limitando esclusivamente a quello di capra il latte utilizzabile – dichiara Fabrizio Garbarino, Presidente del Consorzio di Tutela del Roccaverano DOP –. Non si tratta di un nuovo limite: di fatto sono anni che produciamo il Roccaverano solo con il latte di capra, quello che mancava era che il regolamento lo riconoscesse».
Realizzato artigianalmente nel territorio intorno al paese cui lega il proprio nome, il Roccaverano DOP è un gioiello piemontese che mantiene alto il proprio livello qualitativo grazie a regole ferree che i produttori rispettano e proteggono, mettendo al centro gli animali, il loro nutrimento e il loro territorio.
Il precedente disciplinare era legato alla storia del Roccaverano, un tempo prodotto da un caseificio sociale che utilizzava anche altri latti oltre quello di capra. Da molti anni non è più così: la DOP nasce unicamente dal latte di capra, nessuna obiezione dunque da parte della Regione Piemonte e della Commissione Europea al varo del nuovo regolamento.
Perché anche un nuovo nome? «Nel nome abbiamo tolto il riferimento alla robiola, perché nell’immaginario collettivo la robiola è un formaggio molle e senza stagionatura, di latte vaccino, mentre il Roccaverano è prodotto solo con latte di capra, ha una consistenza totalmente differente dalla robiola industriale e può essere stagionato anche per 3 o più mesi – precisa Garbarino –. Il cambiamento nasce da una scelta unanime delle aziende produttrici, tutte iscritte al Consorzio di Tutela, spinte dalla volontà di non creare confusione nei consumatori che si avvicinano alla nostra DOP».