ROMA – Luci e ombre per il ricambio generazionale in agricoltura agricoltura. Se da un lato infatti cresce il numero di giovani laureati che si danno al settore, dall’altro decresce il numero di imprese condotte da nuove leve. Le aziende agricole “giovani” in Italia sono poche e sempre meno. Nel 2020 rappresentavano il 13% del totale del comparto, contro il 17% di 10 anni prima. Inoltre, oltre la metà dei capi di azienda agricola italiani non ha altro titolo di studio dopo la terza media e due su tre non hanno mai partecipato ad alcun corso di formazione agricola.
Secondo il 7° Censimento generale dell’Agricoltura di Istat sarebbero 20 mila i laureati con meno di 40 anni a capo di un’azienda agricola in Italia: 15 mila di loro hanno una laurea che non ha nulla a che fare con l’agricoltura, mentre altri 4.700 sono laureati in agricoltura. Molte di più, ben oltre 52 mila, le aziende under 40 mandate avanti da un diplomato, e solo 14 mila di questi hanno un diploma in Agraria. Altre 6 mila aziende sono gestite da ragazzi con un titolo professionale sempre non agrario e ulteriori 4 mila da chi ha un titolo triennale professionale in ambito agricolo. Insomma, l’agricoltura chiama i giovani al di là della formazione pregressa, anche chi aveva iniziato percorsi completamente diversi. Nel complesso degli over 40, invece, i laureati a capo di azienda agricola sono 89 mila, di cui 12 mila con laurea in agraria, gli altri in tutt’altro.
Quasi 60 mila imprese, contro le 16 mila del Centro, e le poco più di 30 mila del nord. Lo stesso trend si osserva per la superficie coltivata, molto più estesa al Sud rispetto ad altre aree del paese, Pianura Padana inclusa. Sono 12 mila le aziende con titolari under 40 con almeno un’attività connessa su 1.130.528, fra cui agricoltura sociale, fattorie didattiche, produzione di energia rinnovabile. Poche. Se ampliamo lo sguardo sul totale delle imprese, sono il 5,7%, una crescita impercettibile negli ultimi dieci anni. Chiaramente la stessa azienda può anche perseguire più di un’attività concomitante ma attenzione: in questo computo non sono incluse soltanto le aziende agricole che hanno campi e allevamento, ma anche chi fa attività di silvicoltura, chi si occupa della sistemazione di parchi e giardini. Non si riscontra invece alcuna differenza nel tipo di società, fra titolari giovani e meno giovani: il 46% è associata, il 20% un’associazione di produttori, il 31% è associata ad altre aziende o organizzazioni. Solo l’1% è una rete di imprese.
Il 14,5% delle aziende agricole gestite da titolari under 40 coltiva biologico contro il 5,8% delle aziende portate avanti da persone più anziane: 15 mila imprese su 104 mila under 40, contro 60 mila su 1.025.642 over 40. In generale solo il 20% delle aziende che coltivano biologico ha un titolare con meno di 40 anni.
Sono sempre di più le donne imprenditrici agricole, anche se con bassa prevalenza fra le giovanissime: erano una su quattro nel 2000, mentre nel 2020 sono una su tre fra i capi azienda. Istat prova a tracciare un “identikit” dell’imprenditrice agricola (per quel che valgono gli identikit), rispetto ai colleghi uomini: tendenzialmente è a capo di aziende più piccole – una media di 7,7 ettari rispetto ai 12 degli uomini, e vive al Centro-Sud.