CREMONA – “Non c’è futuro per il settore suinicolo se gli operatori lavorano in modo frammentario”. Con questo accorato invito a una maggiore coesione della filiera rivolto alla platea da Gabriele Canali, direttore di Crefis (Centro ricerche economiche filiere sostenibili) si è chiuso il convegno “Sanità, tecnologia, sostenibilità economia i driver della suinicoltura moderna”, organizzato da EV Edizioni Veterinarie srl e svoltosi a Cremona il 27 febbraio scorso davanti a una sala gremita e composta da allevatori, veterinari e tecnici del settore.
Un’occasione anche per comunicare il nome del nuovo Commissario straordinario all’emergenza Psa (Peste suina africana), Vincenzo Caputo, subentrato nei giorni scorsi ad Angelo Ferrari che da gennaio 2022, periodo in cui fu scoperta la prima carcassa di cinghiale positiva al virus, ha guidato la task force per il contrasto alla diffusione della malattia.
E di Peste suina africana ha parlato Francesco Feliziani, Responsabile del laboratorio referenze nazionali pesti suine, che ha tratteggiato uno scenario a dir poco preoccupante. “Purtroppo ci siamo mossi in ritardo – ha dichiarato – anche a causa della lentezza con cui sono arrivati i finanziamenti statali per procedere con la recinzione della zona infetta compresa tra Piemonte e Liguria. Oggi, con gli ultimi casi di positività in carcasse di cinghiale rinvenuti a ridosso dell’Emilia Romagna, la situazione si è fatta ancora più allarmante e il tentativo di coinvolgere in un’azione di collaborazione e contenimento della popolazione selvatica sia il mondo venatorio che quello degli animalisti si è rivelato fallimentare. Le risorse finanziarie a disposizione non sono quelle che servirebbero per riuscire a recintare un perimetro di 160-170 km, equivalente a un’area di circa 3000 kmq, con una spesa che almeno per tre anni, periodo che in Belgio con lo stesso metodo ha favorito l’eradicazione della malattia, non sarebbe inferiore a 90 milioni di euro/l’anno. Un quadro dunque da non sottovalutare e che impone a tutti di agire con razionalità e metodo”.
Sulla stessa scia ha proseguito Romano Marabelli, Advisor della Direzione generale del World Organisation for Animal Health, ricordando che la speranza in un vaccino contro la Psa deve oggi lasciare il posto a un dato ben più realistico “perché per molti anni – ha sottolineato – non ci sarà ed è notizia di questi ultimi giorni che quello realizzato in Vietnam è stato addirittura ritirato”. Marabelli ha inoltre ricordato quanto, oltre all’adozione delle più efficaci pratiche di biosicurezza interna ed esterna agli allevamenti, sia fondamentale la gestione del territorio e degli animali selvatici che lo popolano, purtroppo lasciata in mano non a personale veterinario ma ad altre autorità che non hanno spesso la competenza necessaria ad affrontare un tema così complesso. Ma per Marabelli il problema riguarda anche la mancanza di una strategia sugli aspetti strutturali degli allevamenti, “un elemento molto critico – ha affermato – che rischia di condannare il settore suinicolo italiano a subire, in un futuro forse nemmeno troppo lontano, le decisioni di quei Paesi europei che invece hanno lavorato e stanno lavorando su questo fronte a loro beneficio. È una riflessione profonda quella da fare – ha concluso – che riguarda il grande tema della sicurezza alimentare oggi ineludibile”.
Per Gabriele Canali le attuali quotazioni della carne suina delineano “una situazione apparentemente positiva – ha spiegato – perché il prezzo a inizio stagionatura a più di 6euro/kg non potrà che ripercuotersi negativamente sul consumatore il quale, davanti a inevitabili rincari e in una situazione di crisi economica riduce gli acquisti bloccando di fatto il mercato. Le questioni in gioco sono rilevanti e forse la politica nazionale ed europea non hanno ben capito che l’Italia non può continuare a essere deficitaria nella produzione di due colture indispensabili per l’alimentazione dei suini come il mais e la soia. Servono strategie mirate che puntino a un’autosufficienza produttiva, ma strategie condivise da tutta la filiera per una vera integrazione: da soli non si va da nessuna parte e il rischio è che alla fine questa frammentazione farà solo male all’intero settore e a quello che significa a livello economico”.
Di tecnologia in allevamento ha parlato Umberto Rolla, ricordando che per sfruttarla al meglio l’allevatore deve prima di tutto avere un progetto a medio e lungo termine, settarlo sugli obiettivi aziendali, appassionarsi a quel progetto e non alla tecnologia, fare un business plan dettagliato. Per la parte economica del convegno, dopo i dati forniti da Ester Venturelli e Marika De Vincenzi di Clal.it sia sull’andamento mondiale delle materie prime che della carne suina da cui emerso che tuttora, nella UE, il tasso di autosufficienza in Italia è fermo al 63% a fronte della Spagna al 217%, dei Paesi Bassi al 365%, della Danimarca al 657% e della Germania al 142%, Eva Gocsik di Rabobank ha delineato il quadro mondiale fornendo non pochi spunti di riflessione per l’immediato futuro, ricordando che sulla sostenibilità il settore deve intraprendere delle azioni decise “sicuramente costose – ha affermato – tant’è vero che in Germania alcuni allevatori stanno uscendo dal comparto proprio a causa degli investimenti, mentre in Olanda, per ridurre l’impatto ambientale derivante dalle emissioni, il Governo ha deciso di ridurre la produzione zootecnica e nel prossimo mese di aprile illustrerà uno schema di uscita per quest’anno e il prossimo. Intanto la produzione mondiale di carne suina, soprattutto nel Sudest Asiatico e in Europa continua a calare e in virtù di questo Rabobank ritiene che i prezzi rimarranno elevati e superiori a quelli registrati nel 2022, con un andamento più favorevole dei costi visti in discesa. Riteniamo che la domanda mondiale di mais scenderà del 3,5% anno su anno e quindi anche le quotazioni di questa coltura registreranno una contrazione, così come riteniamo che i cereali, anche dopo la scadenza di fine marzo, continueranno a uscire dall’Ucraina mentre il crollo dei costi dei fertilizzanti, a -60% negli USA, determinerà al di là dell’Atlantico un aumento produttivo anche della soia, attualmente presente sul mercato in quantità particolarmente scarse. Molte aziende produttrici di proteine animali, nel mondo, stanno facendo ingenti investimenti per ridurre le emissioni – ha concluso Gocsik – Occorre lavorare sulla supply chain, ma occorre farlo insieme”.