ROMA – “Vogliamo che le nuove tecnologie applicate all’agricoltura diventino realtà. Quando si parla di scienza e ricerca nel nostro settore, non ci tiriamo indietro, anzi. Tanto che nello statuto della nostra Organizzazione ho fatto inserire che Confagricoltura crede nella scienza e nella ricerca. Ciò significa che vogliamo che le nuove tecnologie vengano adottate per l’agricoltura”.
Così il presidente Massimiliano Giansanti in occasione della presentazione del Position Paper: “Nuove tecniche genomiche genome editing e cisgenesi” organizzato oggi dal Crea e dal Cl.uster A.grifood N.azionale CL.A.N nella Sala Emeroteca al Collegio Romano.
La questione, per il presidente di Confagricoltura, si riassume semplicemente con una scelta che permetta di decidere chi rappresentiamo e quale agricoltura vogliamo. “Altrimenti – avverte – continueremo a rimanere nello status quo che stiamo vivendo”. A proposito del contributo della genetica vegetale avanzata per un’agricoltura produttiva, sostenibile e competitiva, per Giansanti “occorre sperimentare e utilizzare tutti i frutti della scienza e della ricerca, così da mettere in grado i nostri agricoltori di produrre di più al costo minore e competere sui mercati”.
“Nel 2000 – ricorda il presidente dell’Organizzazione degli imprenditori agricoli – l’Italia per il mais era autosufficiente al 97%, mentre ora solo al 42%, per la soia eravamo al 56% ora ci limitiamo a produrre il 32%. Non è certamente un caso che proprio per questi due prodotti si risenta degli effetti della mancanza, sul campo, di scienza e ricerca, mentre quelle colture che ne subiscono un impatto minore, hanno sostanzialmente mantenuto le quote di mercato. Il Sud America è leader per le proteine animali e vegetali, un primato che non si scalfisce con norme di etichettatura o barriere non tariffarie”.
“Produttività e competitività – conclude Giansanti – devono essere alla base di qualsiasi scelta associativa, del legislatore e del Governo. Sono sotto gli occhi di tutti i problemi causati dai cambiamenti climatici e dalle fitopatie a tutte le nostre colture, a partire da mais e soia. Quando ci ammaliamo ci curiamo, così dovrebbe avvenire per le piante. Servono entrambi i percorsi, nazionale e comunitario, per permettere a tutti gli agricoltori di utilizzare la sperimentazione in campo delle TeA, Tecnologie di evoluzione assistita”.