ROMA – “Le New Breeding Techniques (NBT) o Tecniche di Evoluzione Assistita (TEA), ovvero quelle metodologie di modificazione genetica che intervengono sul DNA delle piante, non devono essere usate per il comparto biologico che deve difendere la sua specificità rispetto all’agricoltura convenzionale; non a caso gli OGM sono espressamente vietati in agricoltura biologica e dobbiamo dare ai consumatori messaggi chiari sul prodotto biologico”. Lo afferma il presidente di ANAPROBIO Italia Ignazio Cirronis, precisando di non voler entrare nel merito delle scelte generali su queste tecniche.
“Sentenze della Corte di Giustizia dell’UE hanno affermato, fra l’altro, che i rischi legati all’impiego di nuove tecniche o nuovi metodi di mutagenesi potrebbero essere simili a quelli risultanti dalla produzione e dalla diffusione di OGM tramite transgenesi e cioè, in sostanza, che la modifica diretta del materiale genetico di un organismo tramite mutagenesi consente di ottenere i medesimi effetti dell’introduzione di un gene estraneo in detto organismo; peraltro, lo sviluppo di tali nuove tecniche o nuovi metodi consente di produrre varietà geneticamente modificate ad un ritmo e in quantità non paragonabili a quelli risultanti dall’applicazione di metodi tradizionali di mutagenesi casuale”, sostiene Cirronis, facendo notare che “il dibattito tra scienziati è aperto e che il Governo sembrerebbe orientato a introdurre queste nuove tecniche”.
“L’agricoltura biologica non può essere intesa come semplice sostituzione di tecniche rispetto all’agricoltura convenzionale, in quanto è un approccio complessivo che investe tutto il modello agricolo”, rimarca il presidente di ANAPROBIO Italia. “In questo contesto ci preme sottolineare un aspetto particolare e cioè che omologare la produzione di sementi, come potrebbe avvenire con una produzione massiva di semi tutti omogenei, è esattamente il contrario del principio della biodiversità, la cui tutela rappresenta uno dei principi cardine dell’agricoltura biologica. Non solo: le piante NBT-TEA possono ibridarsi con parenti selvatici o piante affini, per cui la scomparsi di alcune cultivar è molto alta ed i rischi per la biodiversità sono altissimi: il biologico non ha bisogno di correrli”, conclude Cirronis.