BARI – “Sul grano abbiamo perso la nostra ‘Sovranità Alimentare’. Il prezzo del cereale simbolo del made in Italy lo determinano i grani esteri che, a differenza di quello italiano, sono prodotti con standard qualitativi, di salubrità e costi di produzione molto più bassi. Il crollo del valore riconosciuto al grano duro nelle borse merci di Bari e di Foggia, dove nell’ultima seduta si è registrato un calo di 30 euro a tonnellata, è un sonoro schiaffo sul volto della nostra agricoltura”.
E’ Gennaro Sicolo, presidente di CIA Puglia e vicepresidente nazionale di CIA Agricoltori Italiani, a illustrare cosa significhi quel “meno 30” che mortifica i produttori cerealicoli foggiani, baresi e di tutta Italia (come anticipato Grano duro, quotazioni in picchiata (-30 euro/t.) a Foggia (29 marzo). Da fine giugno perso un terzo del valore )
“Il Governo ci ripensi”, ha aggiunto Sicolo, “e attivi subito, rinunciando alla proroga, l’istituzione di Granaio d’Italia e del relativo Registro Telematico dei Cereali. Ai produttori cerealicoli italiani vanno garantiti uno strumento e le azioni necessarie a un controllo più accurato e sistematico della movimentazione del grano che alimenta la filiera del pane e, soprattutto, quella della pasta italiana.
IL CROLLO A BARI E A FOGGIA
Rispetto ai valori massimi del grano duro raggiunti a giugno 2022, il prezzo del prodotto di punta della cerealicoltura pugliese è sceso di quasi 200 euro a tonnellata: a giugno dell’anno scorso, infatti, arrivò quasi a raggiungere i 600 euro; oggi, solo il biologico supera i 400 euro a tonnellata, mentre le altre tipologie sono scese addirittura sotto la ‘soglia psicologica’ dei 400 dopo aver infranto al ribasso quella dei 500 euro a tonnellata. Anche confrontando i valori di marzo 2022 a quelli espressi nello stesso periodo di quest’anno, il calo è da shock: il 30 marzo del 2022, infatti, alla borsa merci di Foggia, il duro biologico veniva quotato a 555 euro alla tonnellata, il fino a 550, il buono mercantile a 540 e il mercantile a 535. Ieri, alla Borsa merci di Foggia, tutti i valori si attestano al di sotto dei 400 euro a tonnellata tranne, come detto, quello del biologico.
GRANAIO ITALIA
“In gioco, lo ribadiamo, c’è il futuro di un settore, quello cerealicolo, che sta vivendo uno dei peggiori momenti della propria lunga e gloriosa storia”, ha spiegato Sicolo.
“Per questo motivo, se davvero crediamo nel valore strategico del rafforzamento della nostra Sovranità Alimentare, allora il sistema e i meccanismi di Granaio Italia devono essere subito attivati”.
Il decreto per l’istituzione del registro telematico dei cereali era stato firmato, ad aprile dello scorso anno, dal precedente ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli. I cerealicoltori ritengono fondamentale l’avvio del nuovo sistema che prevede azioni di contrasto, e naturalmente le relative sanzioni, verso fenomeni speculativi. Tutto questo anche a maggiore tutela per i consumatori della filiera del pane e della pasta, poiché il monitoraggio più stringente sulle operazioni di carico e scarico dei cereali, anche di quelli importati, aumenta la sicurezza alimentare.
“Il tracciamento interno”, ha spiegato Sicolo, “è fondamentale: non possiamo permettere che la sicurezza alimentare della filiera della pasta e di quella del pane sia messa in secondo piano rispetto a chi vuole spingere valore e qualità verso il basso pur di incrementare i propri profitti a danno dei cerealicoltori e dei consumatori”.
“Granaio Italia”, ha aggiunto Angelo Miano, presidente di CIA Capitanata, “consente un accurato monitoraggio delle produzioni cerealicole presenti sul territorio nazionale, stabilisce le modalità operative per la rilevazione nel registro, istituito nell’ambito dei servizi del SIAN (Sistema Informativo Agricolo Nazionale), dei flussi di carico e scarico inerenti ai quantitativi di cereali e di farine di cereali detenuti a qualsiasi titolo dagli operatori delle filiere agroalimentari”.
Sulla stessa lunghezza d’onda, anche Giuseppe De Noia, presidente di CIA Levante (Bari-Bat): “Si tratta di un sistema, dunque, che rappresenta una maggiore garanzia sia per i consumatori che per i produttori italiani, soprattutto alla luce di un periodo di guerra che condiziona gli approvvigionamenti e influisce sulla volatilità dei prezzi riconosciuti ai cerealicoltori. Prezzi che, in questo periodo, hanno fatto registrare uno scandaloso crollo delle quotazioni del grano duro, scese di circa 200 euro alla tonnellata dai livelli raggiunti a giugno”.